Petrolio e kabile libiche

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LIBIA – Tripoli, 04/10/2013. L’energia è stata al centro dell’incontro bilaterale italo-libico tra il ministro del Petrolio e l’ambasciatore italiano in Libia.

Come riportano i media libici, l’agenzia di stampa Al-Tamadun e il quotidiano Al-Mustaqbal, il Ministro del petrolio e del gas del Governo provvisorio, Abdel Bari  Al-Arusi, si è incontrato il 3 ottobre presso la sede del suo dicastero a Tripoli, con l’ambasciatore della Repubblica Italiana in Libia, Giuseppe M. B. Grimaldi. Le due parti hanno approfondito nel corso della riunione  i mezzi per il consolidamento delle relazioni libico-italiane  nonché il loro potenziamento,  il tutto nell’interesse dei due popoli.  Ministro e ambasciatore hanno  inoltre discusso le difficoltà che affronta  il settore petrolifero in Libia, dal momento che l’Italia è uno dei Paesi partner chiave del settore. 

La situazione energetica libica infatti sembra tutto tranne che rosea. Le sempre più frequenti interruzioni energetiche ad opera delle diverse milizie,  non ancora smobilitate dai rispettivi leader, mostrano quanto la situazione sia ancora precaria. Ali Zeidan, primo ministro del Congresso Nazionale Generale libico, è costretto ad affrontare una situazione a dir poco scabrosa, soprattutto tenuto conto del problema relativo al vuoto di potere lasciato da Gheddafi. Oggi le milizie indipendenti rappresentano infatti uno dei principali problemi del governo: restie a tornare sotto un potere centrale, si fanno portavoce di interessi regionali, minando la già precaria stabilità del governo, il quale sta attuando una debole politica di appeasement nel tentativo di non far precipitare la situazione.  Il deterioramento della sicurezza nazionale generale insieme alla produzione petrolifera in particolare, creano un binomio spaventoso. La produzione del petrolio è infatti in grande diminuzione a causa dei movimenti regionalisti che infervorano le città di Bengasi, Misurata e Zintan. Tutto il sistema si regge su una fragile intesa tra queste e il potere centrale di Tripoli che è obbligato a dividere i proventi della vendita del petrolio tra le varie kabile, creando un sistema di interdipendenze che dissangua le casse statali. Il governo è costretto inoltre ad appoggiarsi su altre compagnie petrolifere per l’estrazione dell’abbondante risorsa, estrazione che non è esente da tasse. Come se non bastasse, Zeidan deve anche finanziare le numerose squadre di sicureza messe a difesa delle piattaforme di estrazione e degli operai, squadre che non di rado provengono proprio dalle milizie regionali e che diventano in tal modo la principale leva delle varie kabile per estorcere concessioni al governo.

Tutto ciò mette in evidenza la fragilità della struttura di potere di Tripoli ai leader occidentali che più volte hanno richiamato il governo libico nel tentativo di spingerlo ad assicurare la sua autorità. Recentemente il Fmi ha inoltre allertato Tripoli che se la media giornaliera dei barili di petrolio esportati non tornerà ad essere approssimativamente di 1.3 milioni, il livello di spesa attuale metterà a serio rischio l’intera Libia.