Tripoli bifronte

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LIBIA – Tripoli. 13/02/14. La Libia sta vivendo come un giano: da un alto gli attentati e le milizie che terrorizzano la popolazione e incrementano l’instabilità del paese, dall’altra le vie del lusso a ovest di Tripoli. Tra accuse e gratificazioni, le prime iniezioni di liquidità nel settore pubblico libico stanno portando a una maggiore circolazione del danaro e questo, all’apparenza, porta benessere.

Nonostante la instabilità politica, la Libia vive. Tripoli in particolari modo cerca di ritornare alla normalità. Come scrive la testata aleqt.com: «Dopo un pranzo a base di antipasti libanesi e ristorante kebab nel “Beirut” nuovo fiammante, i clienti possono raggiungere a piedi i negozi Debenhams o passeggiare un po’ in cerca di sconti di Marks & Spencer negozi o Mango, prima di prendere caffè e dolci nel caffè Cinnabon». La strada si trova a ovest di Tripoli, la capitale devastata dalla guerra in Libia, dove il boom è iniziato, in mezzo alle fiamme delle milizie e la continua instabilità, e che a detta del giornalista, «non ha eguali nel commercio al dettaglio nella regione». L’aumento del numero di negozi e piccole imprese, accompagnata da un salto in costruzione in tutto il paese, anche in alcune zone più povero ed emarginate, è alimentato da un aumentando degli stipendi del settore pubblico, e la domanda di beni di consumo e di marchi è in forte crescita dopo 40 anni di domanda repressa. A quanto pare le nuove generazioni sognano McDonald, Burger King e Pizza Hut, e anche alcuni centri commerciali». Anche se il pensiero resta fisso ai problemi macro economici esacerbati dalla assedio di massa, “politicamente motivato” dice la testata, sugli impianti petroliferi, che sono alla base della vita economica.
Non solo, molti sono all’oscuro del fatto che dopo il regime di Muammar Gheddafi nel 2011 è sopravvissuta la maggior parte deil suo impianto normativo, quindi lo stato dopo Gheddafi funziona come quando lui era al potere. Sistema che non piaceva agli investitori prima e non piace ora. E questo per gli analisti di economia è un problema visto che servono investimenti di grandi dimensioni di privati e pubblici per produrre posti di lavoro. Molte aziende che sono arrivate in Libia utilizzano lavoratori stranieri; anche gli stessi imprenditori libici utilizzano manodopera straniera, si lamentano dell’etica del lavoro dei loro connazionali. Inoltre sul suolo libico mancano molte figure professionali qualificate di qui la necessità di importarle dall’estero.
Molte delle nuove imprese nate sul suolo di Tripoli, includono le vendite di merci importate, che vedranno così i soldi libici uscire verso il paese che ha esportato. Vendite alimentate dal forte aumento degli stipendi del settore pubblico, e da quello elargito a migliaia di miliziani al libro paga del governo, che impiega un quarto di tutti i libici.
Secondo il professore di economia Abu Lafi dell’Università di Sebha quello che rifiorirà subito è la vendita al dettaglio. Perché anche dopo la guerra c’è sempre qualcuno che ha messo via un po’ di soldi e apre un negozio. Anche se ribadisce il docente questo non è assolutamente sufficiente per far ripartire il Paese.
Secondo i critici la massiccia iniezione di fondi pubblici nell’economia è come un sardonico da parte del governo, e accusano i funzionari di Tripoli di aver sostituito il diritto, la governance e lo Stato di diritto, con il desiderio di soldi facili da parte delle persone. In Costa d’Avorio, dice Mohammed Hilal, un geologo nella città Marzouk a sud del paese «invece di aumenti di stipendio, si preferirebbe vedere di più della visione economica strategica e pianificazione. Non c’è al momento nessuna pianificazione per quanto riguarda le infrastrutture. E non c’è nessun controllo di qualità sulle licenze concesse». Indipendentemente dalle critiche, i consumatori stanno godendo del flusso di prodotti e servizi dei nuovi marchi libici nel loro paese, che è stato isolato per lungo tempo. Fioriscono nuovi ristoranti, in particolare quelli creati da imprenditori turchi e siriani, anche in città lontane come Derna, che è diventato di moda andare fuori a mangiare, “Turki,” l’ingrediente principale, per la vita notturna. I turchi sono attualmente benvenuti in Libia, fanno sapere i giornalisti del Libia Herald, in quanto portano altri uomini d’affari e quindi sono i ben venuti.