Libia 9 novembre 2013

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LIBIA – Tripoli 08/11/2013. La mancanza di sicurezza in Libia è stato spettacolarmente messa in mostra la sera del 7 novembre dagli scontri furiosi avvenuti a Misurata tra le forze di sicurezza locali attaccate da una milizia di Misurata che avrebbe dovuto garantire la sicurezza nella capitale.

A Bengasi, nel frattempo, l’8 mattina si è registrato un nuovo attacco ad un checkpoint fatto saltare in aria: l’edificio portava le insegne nazionali, bandiera inclusa. A fare da sfondo a questo corrosivo vuoto di potere, riporta il Libya Herald, è l’incapacità dell’esercito nazionale e della polizia a garantire l’ordine pubblico. Inoltre, è sempre più evidente il fallimento del Congresso generale nazionale nello svolgere i suoi compiti, a causa della rivalità tra i suoi membri. La sua inazione e le sue lacerazioni ne fanno il capro espiatorio e l’oggetto delle attenzioni di tutti  corpo politico libico: ci si oppone ai piani dei suoi membri di estenderne il mandato al di là di febbraio 2014. Si chiedono nuove elezioni per 200 membri, indipendenti, e che poi dovrebbe nominare un nuovo primo ministro che dovrebbe a sua volta scegliere i ministri per la fase di transizione, mentre l’assemblea eletta per redigere la nuova Costituzione (il cosiddetto Comitato dei 60) continua ad andare avanti con il suo lavoro. Per questo i cittadini libici hanno indetto per il 9 novembre un giorno di protesta e hanno invitato i libici a scendere in piazza per manifestare la loro opposizione ai tentativi di prorogare il mandato del Congresso. «Non stiamo cercando di rovesciare il Congresso generale nazionale, organo legittimo dello Stato, ma siamo contro qualsiasi proroga della sua carica» ha detto Hisham Elwandi, uno degli organizzatori della manifestazione del 9 novembre «Gli attuali membri del Congresso sono giunti a un punto morto per quanto riguarda la comprensione reciproca, ora sono solo un ostacolo nello svolgimento dei lavori della Commissione per cui sono stati eletti dai libici». Al contrario, secondo altre parti, rischi per l’unità del paese non sono da ricercare proprio nel non prolungare la durata del Congresso, in quanto si rafforzerebbe la posizione dei federalisti della Cirenaica  ad est e degli amazigh a ovest della Libia. Entrambi si sono alleati stringendo in una morsa le esportazioni di petrolio e gas per fini politici interni. Alcuni osservatori ritengono, continua il quotidiano libico, che più grandi sostenitori del prolungamento del Congresso «sono proprio tra i “radicali” al suo interno». La ragione sta nella percezione della debolezza della loro posizione all’interno della società. Nuove elezioni porterebbero ad un nuovo Congresso e alla perdita della loro attuale posizione. «Nessuno può indovinare», conclude il Libya Herald, «che cosa i prossimi giorni porteranno per il paese, soprattutto dopo l’ultimo scontro tra il presidente del Congresso, Nuri Abu Sahmain, e alcuni suoi membri, come si è vistodurante l’ultima sessione. Resta da vedere quante persone manifesteranno domani e se la protesta avrà effetto sulla scena politica. Gli eventi della scorsa notte potrebbero aver impaurito le persone per non farle uscire e dimostrare, o potrebbe averli resi più determinati».