Istituzioni inclusive per la Libia

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ITALIA – Roma 09/02/2015. In Libia la situazione non accenna a migliorare. Infuriano ancora gli scontri fra le milizie islamiste e l’esercito regolare che si battono per il controllo dei punti strategici del Paese.

Bengasi è ancora al centro degli scontri. Il quotidiano Libya Herald riporta che gli scontri non sono affatto terminati. Lì infatti gli uomini del Generale Haftar e i miliziani di Ansar al-Sharia, alleati con Isis, si scontrano incessantemente per il controllo della città. Il 7 febbraio il Generale aveva ordinato un massiccio attacco contro gli islamisti, che avrebbe dovuto scalzare i miliziani estremisti ma il Colonnello Mohamed Hejazi ha dichiarato che per ora non si sa ancora con precisione quanto dureranno gli scontri. Inoltre, il comandante della Libyan Air Force, Saqr Adam Geroushi, ha dichiarato che altri scontri sono avvenuti nelle aree limitrofe di Buhdeima, Buatni, Leithi, Gamfouda, Gawarsha, Halees e Sabri. In ogni caso, il Generale Haftar è intenzionato a sferrare un attacco anche contro la capitale Tripoli, risparmiandola il più possibile dai danni derivanti dagli scontri.
Il quotidiano on line al Wasat riporta poi che nella città di Nofaliya, nella zona della Sirte, sono avvenuti degli scontri fra i miliziani di Ansar al-Sharia e gli uomini dell'”Operazione Sunrise” dell’esercito regolare libico, con morti da entrambe le parti. A questi episodi bisogna aggiungere anche l’attentato all’hotel Corinthia di Tripoli del 27 gennaio, che ha dimostrato come anche Tripoli non sia affatto un luogo sicuro.
A beneficiare in massima parte della deriva istituzionale sono le formazioni fondamentaliste islamiche. I miliziani di Ansar al-Sharia, ora alleati con Isis, sfruttano la situazione per infiltrarsi nel substrato sociale. Questo contribuisce a complicare la situazione non solo per la Libia ma anche per Paesi europei come l’Italia, indicata in diversi documenti dello Stato Islamico.

Questo, unito al fatto che il nuovo progetto costituzionale sembra essere andato in frantumi, testimonia una situazione che forse è più complicata del previsto. Il quadro della situazione si presenta quindi molto chiaro. L’instabilità e la furia omicida hanno contaminato tutto il paese ormai da tempo. Invano le autorità internazionali hanno richiamato l’attenzione sul grande bisogno di trovare la via del dialogo fra le varie parti coinvolte nel conflitto ma sembra che nessuno voglia prendere le redini del processo di ricostruzione della Nazione. Nonostante le nobili origini della Rivoluzione, la Libia non sembra trovare la strada per una risoluzione pacifica della situazione e ciò a causa dei vecchi equilibri di potere delle tribù libiche. L’unico attore che sta pagando col suo sangue il prezzo dell’instabilità è il popolo, che ha visto infranti tutti i suoi sogni e tutte le sue aspettative sul brillante futuro della Libia. Purtroppo non basta deporre un dittatore per dare vita ad una nazione migliore ma, nel caso libico come in tanti altri, bisognerebbe cogliere le opportunità della storia e sbarazzarsi di quelle istituzioni che Robinson e Acemoglu, autori di Why the Nations fail, chiamano “estrattive”, per iniziare a costruire invece delle istituzioni “inclusive”.