Tripoli è tornata a bere

89

LIBIA – Tripoli 25/09/2013. Sembra finito il problema idrico che ha afflitto la città di Tripoli per una settimana.

Causa del grande disagio la rappresaglia iniziata il 3 Settembre – che ha privato la capitale di circa 45,8 milioni di metri cubi d’acqua al giorno – ad opera dei “Magraha” – influente clan libico – dopo il rapimento di Anoud Senussi, 22 anni, figlia di Abdallah Senussi, appartenente al clan e uomo di potere nel precedente regime di Gheddafi. La situazione è tornata sotto il controllo del primo ministro libico Ali Zeidan dopo il rilascio di Anoud e qualche giorno dopo l’acqua è tornata ad uscire dai rubinetti della capitale. I rifornimenti d’acqua erano stati interrotti il 3 Settembre dopo l’assalto – nei pressi di Jebel-Hasana a sud di Bengazi – delle milizie della famiglia “Magraha” a danno della stazione di pompaggio principale del “Man – Made River” (Mmr), un capolavoro di ingegneria idraulica – finanziata dall’ex regime ed ultimata negli anni Novanta – che ha garantito a tutto il paese l’approvvigionamento idrico proveniente dalle falde di acqua fossile presenti nel sottosuolo del Sahara libico. Motivo di questa azione spregiudicata è stato il rapimento di Anoud Senussi, figlia di Abdallah Senussi – cognato di Gheddafi nonché capo del Military Security Service del vecchio regime – da parte di un gruppo di miliziani che aveva combattuto contro il Rais. La ragazza ventiduenne è stata rapita il 2 Settembre mentre stava raggiungendo i suoi parenti nella cittadina di Sebha. Era infatti appena uscita dalla prigione di Tripoli “al-Rayoumi” nella quale aveva scontato la pena di 10 mesi per aver tentato di rientrare nel paese nell’Ottobre 2012 senza un passaporto valido e probabilmente falso. I “Magraha” hanno dato al governo libico 72 ore per riportare Anoud sana e salva ai suoi familiari, minacciando di distruggere definitivamente la stazione idrica. Il rapimento è stato condannato dai gruppi internazionali per i diritti umani. Hassiba Hadj Sahraoui – in una dichiarazione raccolta dall’ “African journalist” – vicedirettore del Medio Oriente e “North Africa Programme Director” di Amnesty International, ha dichiarato: “Il rapimento di Anoud getta un’ombra sulle autorità libiche[…]. Ora devono dimostrare di avere la volontà politica e la capacità di affrontare gli abusi da parte delle milizie e di stabilire lo stato di diritto, o il sistema giudiziario libico rimarrà disfunzionale”. La situazione è poi tornata sotto il controllo delle autorità quando Alhadi Suleiman Hinshir – Ministro delle risorse acquifere – ha trattato con i miliziani che hanno restituito la prigioniera illesa. Due ore dopo la rete idrica è stata riaperta ma il problema dei rifornimenti non è stato risolto tempestivamente a causa di molta aria entrata nelle condutture, il che ha obbligato gli ingegneri libici a reintrodurre l’acqua in maniera graduale onde evitare che la pressione potesse danneggiare gravemente le tubature. Gli abitanti di Tripoli si sono dimostrati pieni di risorse, accumulando riserve di acqua in bottiglia da utilizzare per i bisogni primari e riuscendo ad utilizzare l’acqua dei condizionatori d’aria per i servizi igienici. Gli anziani e soprattutto le strutture ospedaliere sono stati quelli più colpiti dal grande disagio che è stato presto definito come crimine contro il popolo e minaccia alla sicurezza della nazione. Ed è proprio di questa che si parla oggi in riferimento alla Libia. Non è la prima volta che il Mmr è stato obiettivo di strategie militari e politiche; Gheddafi per primo tagliò i rifornimenti alla città di Tripoli durante la guerra civile. Il grande sistema acquifero rappresenta la struttura chiave del paese e la facilità con la quale i miliziani hanno preso possesso di un impianto così importante nel deserto libico ne sottolinea la vulnerabilità. Uno dei maggiori problemi del nuovo governo del primo ministro Ali Zeidan è infatti il percorso seguito dalle tubature che passano in quelle regioni controllate dalle fazioni ostili a Tripoli, le stesse che combatterono a fianco del Rais e che oggi trovano grande difficoltà nel reintegrarsi nel tessuto sociopolitico, proprio come la famiglia clanica di origine beduina (kabila in dialetto libico) dei “Magraha”, la più grande del sud ovest della Libia (nord Fezzan) e peraltro la più numerosa del Paese (circa il 10% della popolazione).