Appunti dal Libano

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LIBANO Beirut 06/6/13. Sbarcati a Beirut, andiamo alla periferia sud nel quartiere Dahiyeh roccaforte di Hezbollah, il Partito di Dio. Abbiamo scelto questa zona per comprendere una realtà poco conosciuta di cui però si parla tanto, troppo spesso senza conoscerla direttamente. Asserragliati dentro una realtà, storica e politica, tendono a non concedersi ai media internazionali, tanto più a chi parte da una prospettiva di giudizio ritenuta precostituita.

Purtroppo si respira un’aria pesante, non per il caldo e l’umidità che regnano sovrane, ma per la sensazione di una tempesta imminente. Il quartiere è sorvegliato e basta rubare una foto dal cavalcavia per rendersi conto che gli abitanti non vogliono essere osservati da obiettivi fotografici che rischiano di attentare alla loro sicurezza interna, per lo più in un momento tanto delicato come l’attuale. Tutto ciò lo si può comprendere solo immergendosi nelle loro vite, quando il rischio attentati è tangibile e concreto come quello che abbiamo direttamente schivato davanti alla Moschea al-Hasaneyn in un pomeriggio qualsiasi, come tanti altri. Si combatte, infatti, una guerriglia urbana, tangibile ma invisibile dall’esterno e questo fatto determina sospetto, allerta costante, in cui occhi attenti scrutano ogni movimento. 

Di fronte al loro forte senso di appartenenza, ci si potrebbe chiedere cosa e chi trascina tante persone dietro un ideale forte, oppure siamo noi troppo europei tanto da sentirsi cittadini del mondo, uomini della globalizzazione a tal punto da dimenticare il senso di appartenenza? Perché abbiamo la sensazione che in questo piccolo paese ci sia tanta solidarietà? 

Non è solo una sensazione che qui gli italiani riscuotono simpatia, la nostra presenza militare è stata discreta e positiva e si è costruito con la popolazione un rapporto di amicizia, collaborazione e scambi commerciali. La fretta non è compagna dei libanesi che anzi con te si intrattengono piacevolmente. Si fidano di noi e se hai bisogno non ti lasciano solo, nel nostro caso da sola, anzi ti accompagnano: una ragazza dopo avermi fornito la sua guida in un negozio mi lascia il suo indirizzo, mi porta a conoscere sua madre e la sua sorellina eppure siamo all’interno del quartiere sciita, quello di Hezbollah, movimento che rischia di essere inserito nelle liste dei terroristi internazionali. Sicuramente alcuni di loro lo sono veramente, ma anche tra le altre comunità del Paese ci sono frange estreme, che fare allora? Dovremmo forse inserirle tutte nell’elenco?

Riusciamo a incontrare personaggi in evidenza del partito. Gli incontri e le interviste con Ali Daamoush, Responsabile affari Esteri e Ammar Moussawi Responsabile Affari Internazionali di Hezbollah rivelano la parte istituzionale del Partito che occupa dei seggi nel Parlamento libanese. Entrambi cordiali con una ospitalità tanto “araba”: the, caffè e bibite arrivano appena ci mettiamo seduti. Accoglienti ringraziano per la presenza, non è comune infatti che i giornalisti decidano di incontrare esponenti di un partito “fuori dagli schemi”; ma sono anche molto determinati nel presentare le loro ragioni. Hezbollah sta al fianco di Bashar al–Assad e combatteranno, se sarà necessario, affinché nessuno intervenga in Siria per abbattere il potere del Presidente «la Siria non è la Libia» sottolinea Ammar Moussawi, «Vogliono colpire la Siria per colpire la Resistenza e questo non possiamo permetterlo».

Dopo alcuni giorni ci portano nel Sud del Libano: Ṣāīdā (Sidone), Cana, Bint Jbeil, Maruun Al-ras, Nabatiye, Mlita (base militare di Hizbollah durante l’occupazione), Khiyam (famoso per il carcere aperto dall’Esercito Libanese del Sud, luogo di prigionia  e torture); questa parte del Paese era stata completamente rasa al suolo durante l’occupazione israeliana del 2006. Il Partito di Dio ne ha finanziato la ricostruzione ma i segni della guerra sono ancora evidenti. Case, vegetazione e un panorama mozzafiato, però, restituiscono la sensazione di continuità, di avere ancora un futuro. In lontananza qualcosa attira l’attenzione, sono le case al di là del confine, il lato che si affacciata verso di noi non ha finestre e così comprendi che dall’altra parte c’è Israele.