Le origini dei flussi di armi in Sahel

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di Antonio Albanese ITALIA – Roma 23/11/2016. È uscito da poco un interessante studio sui flussi illeciti di armi nel Sahel. Lo studio dal titolo Investigating Cross-Border Weapon Transfer in the Sahel analizza i flussi di diversi anni e conferma che il saccheggio delle enormi scorte libiche dopo la cacciata del colonnello Muammar Gheddafi ha alimentato le insurrezioni islamiche in Africa settentrionale e occidentale dal 2012.

Negli anni, jihadisti e combattenti tuareg hanno diversificato le loro catene di rifornimento e hanno trovato nuove fonti visto che il flusso dalla Libia è diminuito, grazie agli sforzi internazionali d’interdizione e ad un aumento della domanda interna in Libia per il conflitto che non sembra accenni a diminuire.

I jihadisti hanno saccheggiato armi provenienti da scorte nazionali non adeguatamente protette in Mali, Repubblica Centrafricana, Costa d’Avorio, secondo lo studio del Conflict Armament Research, organizzazione indipendente con sede a Londra che traccia i movimenti illeciti di armi. Inoltre nel Sahel si stanno anche utilizzando fucili d’assalto provenienti da Siria e Iraq, grazie alle riserve dello Stato Islamico, che ha preso le armi alle forze governative siriana e irachena nel 2014 e nella prima parte dello scorso anno, riporta Global Security.

Lo studio ha già messo in allarme gli organi antiterrorismo europei e le loro controparti nel Sahel e nell’Africa occidentale; il finanziamento dello studio è stato effettuato da diversi governi europei, che temono la presenza di simili armamenti sul territorio dell’Europa attraverso le rotte dei migranti per poi essere utilizzato per attacchi terroristici nelle capitali europee.

Nello studio si afferma che diversi gruppi possiedono armi, tra cui missili a spalla, mine anticarro e Rpg; lo studio serve a offrire uno scorcio proprio sui flussi di armi più complesse nel corso degli ultimi due anni. I timori europei nascono dal fatto che se la missione europea marittima Sophia può contribuire a trovare e distruggere le armi di contrabbando dirette in Europa, non c’è alcun modo oggi per contrastare il flusso che passa attraverso il Sahel.
La violenza armata nella regione del Sahel è alimentata ora da flussi di armi e munizioni provenienti al di fuori della Libia: sono state trovate munizioni sudanesi di piccolo calibro che erano in circolazione nel sud della Libia e in Mali; munizioni russe e cinesi, fucili d’assalto catturati ai curdi da Daesh a Kobane e modelli che erano in dotazione agli iracheni.

I ricercatori sospettano che i gruppi islamici responsabili degli attacchi terroristici nel Sahel, «abbiano una comune fonte di approvvigionamento o costituiscono una singola cellula, in possesso di collegamenti in comune per l’approvvigionamento con i combattenti islamici in Africa occidentale, in Iraq e Siria».