La cultura del digiuno

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Il digiuno, inteso come mancata assunzione di alimenti, è una pratica religiosa presente in tutte le maggiori religioni del mondo. Dalla Quaresima al Ramadan, il digiuno è attesa del divino, un atto di solidarietà per chi soffre nella privazione di sostentamento, ma anche un atto di purificazione dal desiderio fisico e mentale.

Il digiuno è, sostanzialmente, un atto di autocontrollo, che per induzione porta all’abbandono del desiderio e delle brame materiali, potenziando il proprio essere spirituale.
Esiste inoltre in medicina il concetto terapeutico del digiuno (purché esso stesso non si trasformi in  patologia, come l’anoressia). Un periodo di digiuno breve, di 5 giorni ogni 6 mesi, basato su una progressiva riduzione delle calorie fino ad 800 kcal giornaliere, sembra essere “rigenerante” in quanto consentirebbe alle cellule di auto-proteggersi, e all’intero apparato fisico di eliminare le cellule danneggiate sostituendole con quelle nuove. In particolare, l’alimentazione eccessivamente proteica è in questo momento sotto la lente di ingrandimento. Dopo che “le mode” alimentari hanno via via condannato, anche erroneamente, i carboidrati (mentre quelli complessi sono invece benefici), sono emersi studi che hanno evidenziato come una dieta quasi totalmente proteica determini un aumento del rischio delle malattie cardiovascolari, visto l’eccesso di grassi saturi di origine animale. Sembrerebbe inoltre che fra i 50 ed i 65 anni un’alimentazione troppo ricca di proteine sia causa anche di tumori e diabete, mentre il fabbisogno proteico aumenterebbe invece dopo i 65-70 anni.
È importante rilevare come in Italia esista un ente specifico, il Centro di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione, che pubblica linee guida assolutamente gratuite, basate su importanti ricerche scientifiche e non su mode alimentari temporanee e potenzialmente dannose. È inoltre da considerare il fatto che l’Italia è in assoluto il Paese con la più vasta biodiversità alimentare, e che dunque, basandoci anche sulla nostra cultura e tradizione, possiamo attingere ad alimenti che hanno importanti proprietà nutritive, abbattendo gli impatti negativi dal punto di vista fisiologico (basti pensare alla vastità di tipologie di cereali, legumi, ortaggi e frutta presenti nel Belpaese).
Per chi professa una fra le grandi religioni del mondo, quindi, è anche possibile coniugare la scienza con il proprio credo, esercitando un breve periodo di astinenza moderata dal cibo, magari associata all’esercizio della meditazione. Inoltre, l’avvio di un percorso che si discosti dalla costante assunzione di proteine animali, può certamente avere impatti migliorativi sull’intero ecosistema. Ad oggi infatti il consumo di acqua e cereali per l’alimentazione degli animali e dunque per produzione di carne è talmente alto che tali risorse scarseggiano per miliardi di persone. Se la domanda di carne fosse significativamente più bassa, le coltivazioni dei cereali sarebbero destinate agli uomini.
E questo è di per sé, un atto di solidarietà anche religiosa, indipendentemente da quale sia la cultura di riferimento.

Vittorio d’Orsi