ITALIA. Educazione infantile: The Reggio Emilia Approach

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di Vittorio D’Orsi ITALIA – Roma, 16/12/2016. La storia della pedagogia ha dato all’Italia un ruolo di spicco, in particolare nel ‘900, con riconoscimenti internazionali di ampio respiro. Basti pensare al metodo Montessori (“aiutami a fare da solo”), oppure alla scuola di Don Milani (“I care”).
In tempi più recenti, “The Reggio Emilia Approach” è stato segnalato come l’avanguardia nel mondo rispetto all’educazione dell’infanzia.
Il metodo, nato a partire dal dopoguerra ma strutturatosi prevalentemente negli anni 80, vede oggi una forte diffusione anche oltreoceano e la presenza del Network Internazionale fondato nel 2006, che vede nel Centro Internazionale Loris Malaguzzi il cuore pulsante per la disseminazione di una nuova cultura per le scuole per l’Infanzia e Primarie.

L’approccio parte da una totale rivisitazione dell’attuale modello scolastico, una educazione basata sulla trasmissione di conoscenze, in modo graduale, da adulti ai bambini.
Nel “Reggio Emilia Approach” il bambino è una persona con le sue necessità e potenzialità, e con capacità proprie di “costruzione della conoscenza”. Non è quindi applicabile uno schema predefinito, ma l’apprendimento si costruisce giorno per giorno, stabilendo una comunicazione aperta e sincera.

Ecco tornare il concetto di base di Maria Montessori: “aiutami a fare da solo”, i bambini imparano dal “fare proprio”, in un contesto in cui gli adulti mettono a disposizione risorse, comunicazione, linguaggio.
Ecco quindi la comparsa della prescrittura. Con un approccio così libero ed ampio, bambini anche di tre anni inizieranno a scrivere i primi segni, esattamente come si costruiscono i fonemi secondo la teoria di Noam Chomsky.
I primi segni non avranno apparentemente alcun valore, ed il ruolo dell’adulto non è quello di schernire o di forzare la mano… per similitudine con i bambini più grandi, i piccolini impareranno a scrivere le prime lettere che gli stanno più a cuore: la M di mamma, la N di nonna, la P di papà.. come un gioco. Ed i numeri saranno insiemi di cose…. da raggruppare e separare, sommare e sottrarre.

In un ambiente così stimolante, è possibile (ma non obbligatorio, naturalmente), che bambini di 5 anni siano già in grado di leggere e scrivere le prime frasi semplici, e fare le primissime operazioni, avendole eseguite su sacchetti di mandorle e noci… non su simboli astratti, imparati a memoria.
Trovano qui spazio le teorie dello sviluppo cognitivo di Piaget, ma con una visione nuova ed importante, basata sulla relazione. L’istituzione scolastica e la famiglia creano un continuum di opportunità per i piccoli, che si sentono emotivamente sostenuti e seguiti.
La logistica di una siffatta “nuova scuola” è strutturata con ambienti ampi, aperti, colorati, con gruppi di lavoro che possano superare anche il concetto stesso di classe.
Apparentemente un sogno, per alcune zone del Paese, ma… si può fare. Ci sono esempi sparsi per l’Italia, anche nella Capitale, privati e …pubblici, che rappresentano – nella realtà – il futuro della Nazione. L’innovazione, anche sociale, parte da qui.