IRAQ. Il capo dell’Intelligence guida il nuovo governo

319

È stata una lunga notte quella di mercoledì scorso per Mustafa al Khazemi, il direttore dell’intelligence irachena diventato premier, che ha mostrato grande carattere e capacità diplomatica. Alle 19.30 del 6 maggio Al Khazemi con il suo maggior alleato Al Habousi si è recato in parlamento e lì si è data vita alla partita più importante dal punto di vista politico degli ultimi cinque mesi; una partita durata 4 ore.

Verso la mezzanotte italiana, infatti, Mustafa al Khazemi ha dato scacco matto a Nouri al Maliki e ai dissidenti di Moqtada al Sadr e al Consigli dei Rappresentanti che miravano a far restare Adel Abdul Mahdi. L’elenco dei ministri è stato cambiato in corsa e a un certo punto della serata c’erano più parlamentari nella caffetteria del parlamento Baghdad, del tutto incuranti delle normative anti Covid-19, che non nell’aula del parlamento. 

A dare il via alla sceneggiata è stato proprio Nouri al Maliki che ha chiesto ai suoi di non votare. E per un momento si è temuto il non voto per mancanza di quorum, ma poi dopo aver cambiato due ministri e qualche sottosegretario il quorum necessario di 225 parlamentari è arrivato e si è proceduto alla conta. 

Le obiezioni più significative al neo governo sono state fatte da Nouri Al-Maliki, capo della coalizione Stato di Legge, e Ayad Allawi, ex primo Ministro e segretario generale del Movimento Nazionale Iracheno. Nella conte, i ministri della Giustizia e del Commercio sono stati respinti. Il nuovo governo vede il generale Othman al-Ghanimi, già Capo di Stato Maggiore dell’Esercito iracheno, a ministro dell’Interno. Un dato importante soprattutto per la lotta al terrorismo. È stato respinto Hosham Dawood, direttore del Institut Francais du Proche-Orient, per il ministero della Cultura. I nomi proposti per i ministeri dell’Agricoltura e della Migrazione sono stati respinti. Il generale Juma Anad Al-Jubouri è stato confermato per il ministero della Difesa. 

Il calciatore iracheno Adnan Dirjal è stato confermato per il ministero della Gioventù e dello Sport. Il vero nodo da sciogliere restano il ministero per il Petrolio e Affari esteri su cui penderà la grave crisi economica e sul secondo la questione Iraq-Iran-Usa. 

Il nuovo governo è così composto: Juma’a Anad per la Difesa, Ali Abdel Amir Allawi per le Finanze, Othman Al-Ghanmi per gli Interni, Khaled Najm Battal per la Pianificazione e Adnan Darjal lo Sport e la Gioventù; Nazlin Muhammad per il ministero dell’Edilizia e della Ricostruzione, Hassan Muhammad Abbas alla Sanità, Nabeel Kazem Abdel-Saheb all’istruzione, Mahdi Rashid per le risorse idriche e Ali Hamid presso il ministero dell’istruzione. Il voto sui candidati per i Ministeri degli Affari Esteri e del Petrolio è stato rinviato, mentre i candidati ai Ministeri della Cultura, dell’Agricoltura, dell’Immigrazione, della Giustizia e del Commercio non hanno guadagnato la fiducia del Parlamento. Il neo premier è riuscito a ottenere i voti, e la fiducia, sia dei filo iraniani che dei filo americani. 

Alla sessione di voto sul governo di Al-Kazemi hanno partecipato 266 deputati e la sessione ha visto il ritiro della coalizione di Stato di diritto. Dopo cinque mesi di vuoto coperto dal governo dimissionario, il nuovo governo, dovrà affrontare molte sfide: un’economia vacillante, relazioni diplomatiche ai suoi livelli più bassi, la minaccia di rinnovate proteste pubbliche di fronte a un’inevitabile politica di austerità, un paese devastato dai conflitti e dalla guerra contro Daesh, la corruzione politica dilagante. Al-Kazemi è entrato carica il 7 maggio.

Tuttavia Al-Kazemi ha tre pilastri che potrebbero sostenerlo in Iraq: le sue forti relazioni con gli Stati Uniti, una linea di comunicazione con l’Iran e un buon rapporto con il principe ereditario saudita Mohammed bin Salman. Al Kazhemi, il primo Ministro, nel frattempo ha cercato di ingraziarsi il popolo promettendo a breve le elezioni. Le piazze però gli sono ancora contro, così come le milizie sciite filoiraniane secondo le quali la sua nomina a premier non lo esonera dall’accusa di aver fatto uccidere Soleimani e al Muhandis. 

Redazione