IRAN. Rouhani condanna il blocco di Telegram

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Il presidente iraniano, Hassan Rouhani, ha criticato il divieto imposto dalla magistratura conservatrice iraniana alla popolare app. Telegram, affermando che la decisione era «l’opposto della democrazia». L’Iran ha bloccato Telegram, ampiamente utilizzato da cittadini iraniani, media statali, politici e aziende, all’inizio della scorsa settimana per proteggere la sicurezza nazionale, ha detto la televisione di stato, poco tempo dopo che una simile decisione è stata presa da parte della Russia.

L’Iran aveva preso in considerazione la possibilità di vietare l’uso di simili app da gennaio, quando in più di 80 città sono scoppiate proteste per motivi economici che si sono poi trasformate in manifestazioni contro la struttura di governo e di sicurezza di Teheran.

I manifestanti avrebbero usato Telegram per organizzare le manifestazioni, che sono state infine contenute dalle guardie rivoluzionarie e dalle milizie Basij. L’app, infatti, è stata temporaneamente bloccata a gennaio. «Non seguire le procedure legali e l’uso della forza e dei mezzi giudiziari è (…) il contrario della democrazia», ha detto Rouhani, che ha sostenuto l’espansione delle libertà sociali, in un post Instagram il 4 maggio, riporta Reuters.

«Il filtraggio e il blocco di Telegram non è stato effettuato dal governo che non approva» ha detto Rouhani, che si è opposto alla limitazione dell’accesso ai social media. I poteri di Rouhani sono comunque inferiori rispetto a quelli dell’Ayatollah Ali Khamenei, che è politicamente vicino ai conservatori. Il filtraggio governativo impedisce agli iraniani di accedere a molti siti Internet, con la motivazione ufficiale che sono offensivi o criminali. Ma molti iraniani eludono il filtraggio attraverso l’uso di software Vpn, che fornisce collegamenti criptati direttamente a reti private all’estero, e può consentire a un computer di comportarsi come se fosse basato in un altro paese.

I governanti musulmani sciiti dell’Iran diffidano di qualsiasi ripresa dei disordini antigovernativi nel caso in cui il presidente Donald Trump si rifiuti di estendere le sanzioni statunitensi all’Iran il 12 maggio, termine che ha fissato per i firmatari europei dell’accordo nucleare del 2015 con sei potenze mondiali per “correggere i difetti” dell’accordo.

Maddalena Ingrao