Il paradosso dei cookies sui siti italiani

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ITALIA – Roma 12/09/2016. Quasi la metà dei siti italiani mostrano banner sull’utilizzo dei “cookies”, anche se in realtà non ne hanno.

Si tratta di un informazione fuorviante che da fastidio ai visitatori, e non contribuisce ad alimentare la fiducia degli utenti, i quali pensano erroneamente di essere monitorati. Inoltre è aumentata, riporta Federprivacy, la percentuale dei siti che si sono messi in regola con la privacy policy nei rispettivi contatti. Sta emergendo, infatti, anche il fenomeno opposto al continuo monitoriaggio, ovvero quello relativo a numerosi siti web che mostrano gli avvisi sull’utilizzo dei famigerati “cookies”, ma poi sono del tutto innocui per la privacy dei visitatori. Una ricerca svolta dall’Osservatorio di Federprivacy su un campione di 1.000 siti web italiani, ha infatti evidenziato che su ben 464 di questi viene visualizzato un banner che informa i visitatori circa l’uso dei “cookies” digitali, quando in realtà nessuna attività di profilazione viene svolta su gusti e preferenze degli utenti per proporre loro pubblicità in base ai loro comportamenti online. Se molti colossi del web ricorrono effettivamente alla profilazione degli utenti per condurre campagne di marketing mirate, quelli utilizzati da quasi metà dei siti italiani sono invece semplici cookies con funzioni del tutto limitate, come spiega Federprivacy: «La prescrizione introdotta dal Garante della Privacy nel giugno del 2015 riguarda principalmente i siti che installano cookies per profilare gli utenti online, i quali hanno l’obbligo di notificarlo attraverso un avviso evidente non appena si accede alla pagina web. Risulta che il 46% dei siti italiani utilizza semplici cookies tecnici, di sessione, o analitici di prima parte, che servono giusto a memorizzare password di accesso, riconoscere la lingua utilizzata dall’utente, o elaborare le statistiche sulle visite ricevute, e in questi casi l’unico obbligo è quello di informare gli utenti nella privacy policy normalmente disponibile sullo stesso sito web. Probabilmente il Garante non multerà i titolari di tali siti per questo eccesso di zelo, ma l’informazione rimane comunque fuorviante nonostante le chiare indicazioni fornite dall’Authority, e il fastidio è percepibile da tutti coloro che navigano in rete, con un paradossale fenomeno che non contribuisce certo a far crescere la fiducia degli utenti, i quali sono così indotti a pensare erroneamente che la loro privacy sia sistematicamente penalizzata, quando invece non è affatto così. Se nel 2014 Federprivacy aveva rilevato che due terzi dei siti italiani non erano in regola con il Codice della Privacy, omettendo di dare un’idonea informativa sul trattamento dei dati personali nei comuni moduli compilabili online per le richieste di contatto, a distanza di due anni il quadro è migliorato notevolmente, con il 63% dei siti che si sono finalmente adeguati a questo adempimento.