Il pericolo della chimica cinese

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di Graziella Giangiulio CINA – Pechino 23/09/2016. L’industria chimica cinese ha registrato 232 incidenti tra gennaio e agosto 2016, quasi uno al giorno. Secondo uno studio di Greenpeace, si tratta di una conseguenza della ”gestione lassista” del settore, aggravata da una mancanza di trasparenza. L’industria chimica cinese è «spaventosamente sotto-regolata», secondo Greenpeace, che ha fatto pressione sul governo nel prendere misure urgenti «per gestire le sostanze chimiche in maniera razionale, e creare una rete di sicurezza per lavoratori e cittadini». La relazione si basa sugli incidenti riportati dall’Ente statale cinese per la sicurezza del lavoro e dalla China Chemical Safety Association; Greenpeace da canto suo sottolinea che il numero effettivo degli incidenti può essere superiore alle cifre ufficiali e a quelle dei media. Nello studio si afferma che il 43 per cento degli incidenti sono stati causati da fughe di gas, il 27 per cento sono stati il risultato di incendi, e il 16 per cento sono stati causati da esplosioni. Ha poi aggiunto che il 52 per cento di questi incidenti ha avuto luogo mentre i lavoratori stavano trasportando prodotti chimici, e il 27 per cento durante la produzione. Nell’analisi dice anche che il 84 per cento degli oltre 33mila impianti nel settore chimico del paese si trovavano al di fuori delle aree designate per lo scopo, mentre il 18 per cento erano in zone ecologicamente sensibili. Alla luce dei dati del 2010-11, Greenpeace denuncia la mancanza di trasparenza nel settore come dimostrato dai dati ufficiali oramai obsoleti, e sollecita le autorità a porre fine alla segretezza e a modificare le politiche di gestione, riconoscendo i «pericoli intrinseci delle sostanze chimiche». Greenpeace afferma che gli «impianti chimici dovrebbero essere trasferiti fuori dalle zone urbane e sensibili all’ambiente, al fine di minimizzare i rischi e sostanze chimiche pericolose dovrebbero gradualmente essere sostituite con alternative sicure».