Sol Levante armato?

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GIAPPONE – Tokyo 16/12/2013. Il Giappone sta veramente cambiando posizione in tema di difesa? Una serie interessante di analisi e riflessioni generalmente descrivono il primo ministro Shinzo Abe come fautore della rimilitarizzazione nipponica; tutti quanto hanno un dato comune: non citano i numeri reali di un simile riarmo.

Una serie di vincoli costituzionali impediscono ancora oggi a Tokyo di agire come uno stato normale in termini di sicurezza nazionale. La costituzione dell’attuale stato nipponico è diretta filiazione della sconfitta nella Seconda guerra mondiale. In essa, Tokyo afferma solo il suo diritto all’autodifesa: così, invece di forze armate regolari, furono create “forze di autodifesa” orientate esclusivamente verso la difesa.

Non sono ammesse armi offensive, come missili da crociera, portaerei e bombardieri, men che meno le armi nucleari.

Con un organico di 247 mila uomini, le Forze di Autodifesa (Sdf) del Giappone sono relativamente piccole: cìè un soldato ogni 516 civili, il Giappone ha un quoziente civile-militare molto più basso rispetto agli Stati Uniti (219) e Russia (187), ma superiore a quello della Cina (600). La sua spesa per la difesa è pari all’uno per cento del prodotto nazionale lordo.

Ma le vicende del passato fanno ancora notizia: dopo il 1945 lo scacchiere nipponico primario era nella parte settentrionale per timore di una invasine sovietica. Dopo l’implosione dell’Urss, e un periodo di incertezza più che ventennale oggi l’ascesa della Cina e di rivendicazioni territoriali cinesi hanno fatto passare lo scacchiere sud all’attenzione della Difesa di Tokyo. La questione delle isole Senkaku ha rivelato le debolezze della difesa meridionale nipponica: tra le centinaia di isole meridionali solo una, Okinawa, ha più di una stazione radar difensiva. La virata a sud brusca ha comportato spostamenti in uomini, mezzi e fondi. La base aerea Ryukyus Naha di Okinawa è stata ampliata per ospitare un secondo squadrone di F-15J; piccoli presidi per la sorveglianza dell’area sono stati stabiliti a Yonaguni vicino Taiwan.

Allo stesso tempo, il Giappone sta facendo riduzioni mirate della struttura dei costi e della forza: i carri armati sono destinati a scendere da 740 a 300, un calo del 60 per cento, riducendo ai minimi la VII la Divisione Corazzata Hokkaido. La spesa per la difesa è sostanzialmente la stessa per più di 10 anni: dai 47 miliardi di dollari del 1992,  si è registrata una diminuzione annuale costante nel periodo 2002-2012. Un tre per cento di aumento del proprio budget per la difesa, più di 1,4 miliardi di dollari, è stata prevista per il 2014, da investire per personale, aggiornamenti delle attrezzature, formazione, incremento dei costi operativi e manutenzione. Nel 2014 il Giappone acquisterà un nuovo velivolo per pattugliamento marittimo, un cacciatorpediniere, un sottomarino, un dragamine, una nave per il salvataggio sottomarino, due veicoli anfibi marini ristrutturati, sei elicotteri, un aereo cargo, un sistema Patriot Pac-3 e quattro F -35 Jsf. Al di là del Jsf, voce più grande dell’incremento di bilancio, il bilancio della difesa è quello tipico degli ultimi 20 anni.

Non sono previsti incrementi di personale: dal 2013, Sdf ha 247.172 uomini; tra il 2012 e il 2013, il personale di Sdf è incrementato di 422 unità;  inoltre l’intelligence non è cresciuta affatto. Le politiche sul divieto di esportazione di armi, di avere armi offensive, del tetto dell’un per cento del Pil  nella spesa militare, di avere armi nucleari non sono cogenti: il legislatore e non è costituzionalmente vincolato; con il giusto supporto dall’ufficio del primo ministro la dieta può invertirle velocemente.

Il primo ministro Abe ha chiesto un cambio nella politica di difesa, essendo cambiata la leadership politica del Giappone: la maggior parte di questi cambiamenti, come la riforma del settore dell’esportazione di armi, la capacità di prestare aiuto agli alleati e la possibilità di salvare i cittadini all’estero sono considerati un diritto dalla maggior parte degli Stati. Anche il Giappone ha appena istituito il suo primo Consiglio di sicurezza nazionale,  modellato sull’omologo statunitense, con il compito di studiare e monitorare le questioni inerenti la difesa. Oltre a tenere d’occhio Cina e Corea del Nord e il mantenimento di legami con gli alleati, il Consiglio giapponese potrebbe costituire la spinta verso quelle questioni di difesa per rinnovare la politica della difesa. Che direzione che si sarà ora più che mai essere guidato da chi siede al posto del primo ministro (AGC: Abe crea una OSINT unit nazionale).