Giappone: prepara una modifica costituzionale per tornare ad armarsi

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GIAPPONE- Tokyo. Il Giappone, in recessione economica, da qualche giorno ha un nuovo presidente, Shinzo Abe, che deve trovare soluzioni immediate ad alcuni nodi che imprigionano l’economica nipponica. La scorsa settimana in piena campagna elettorale ha sfoderato e messo in mostra il meglio dei suoi armamenti, preoccupata del lancio del razzo da parte della Corea del Nord. I suoi 12 miliardi di dollari, investiti in sistemi di difesa missilistica, in altre parole, erano allo scoperto visibili pronti a difendere le isole: Patriot Advanced Capability-3, intercettori SM-3-, il cacciatorpediniere Aegis. Un dispiegamento che andava da Okinawa fino alle posizioni nel Mar Cinese Orientale e del Mare del Giappone.

Nel corso degli anni, dopo la II Guerra Mondiale, il Giappone, nonostante l’art. 9 che vieta a Tokyo l’utilizzo delle armi per fare la guerra, per proteggersi, ha acquisito formidabili capacità militari e di difesa.

Questo perché negli ultimi anni si è inasprito il rapporto con i vicini: Cina e Corea del Nord.

Due realtà che sono cresciute in modo esponenziale sia in termini economici, tecnologico, militare. Alla ribalta della cronica sono finite le dispute interne alla Cina sulle fabbriche giapponesi, la chiusura di esse, la fuga dei Coreani del Sud e degli imprenditori giapponesi da Pechino, per via di strane sparizioni degli imprenditori o della loro incarcerazione, e non ultima la querelle su chi sia il proprietario delle isole Senkaku-Diaoyutai, nel mar cinese orientale, zona economicamente strategica e con fondali ricchi di petrolio.

Il Giappone poi non va dimenticato dipende per gli approvvigionamenti interni dall’estero. Le rotte marittime da e per il Giappone quindi vanno assolutamente protette. I dati economici parlano chiari:il Giappone dipende per il suo rifornimento energetico dalle importazioni, 82% nonostante la produzione di energia nucleare, ora in dismissione dopo Fukushima. E ancora, Tokyo dipende al 90% dal Medio Oriente e Sud-Est asiatico per le importazioni di petrolio e di gas naturale, lasciando esposti all’instabilità politica di entrambe le aree. Stessa dipendenza estera anche per materie prime, come rame e zinco.

E proprio per difendere la sua economia e per uscire dalla recessione, sfidare apertamente la potenza cinese, il Giappone è orientato alla modifica dell’art.9 della Costituzione. A dire il vero, nonostante il divieto imposto dagli USA e messo in costituzione di armarsi per la guerra, il Giappone negli anni ha investito in armamenti di auto difesa. Tokyo ha sedici unità Patriot ed è l’unico paese al mondo, oltre agli Stati Uniti di avere SM-3 medio raggio, missili intercettori, che sono sui suoi quattro cacciatorpediniere di classe Kongo. Anche se a dire il Giappone ha in programma di aggiornare i suoi cacciatorpediniere di classe Atago.

I progressi tecnologici hanno strettamente legato il Giappone nella rete di difesa aerea degli Stati Uniti, che porta all’integrazione del paese in un quadro di sicurezza collettiva. E infine il programma di proliferazione nucleare della Corea del Nord ha aiutato il Giappone decidere di adottare un dispositivo di difesa più proattivo nel 2004. Tale riorientamento della strategia, nonché la promozione della agenzia della difesa al livello ministeriale nel 2007 essenzialmente portò alla fine del pacifismo giapponese del dopoguerra.

A breve, dunque, secondo gli analisti di geopolitica internazionale, dovrebbe essere proposta una modifica costituzionale all’art. 9, già da qualche tempo i diplomatici giapponesi stanno sondando il clima politico estero in merito a questa possibile decisione. Se il Giappone dovesse abbandonare la sua vena pacifista, l’intero assetto politico-economico dell’area asiatica cambierebbe.

Tra i favorevoli le Filippine e gli Stati Uniti, contrari la Corea del Sud – nonostante le buone relazioni di vicinato – . Sul chi va là invece Cina. Attesa dunque la scelta di Shinzo Abe in materia. Di certo con la recessione alle costole e il problema energetico così impellente, il Giappone non può stare a guardare. Il rischio è che la Cina “circondi” i mari e chieda nel tempo un “dazio” per poterli frequentare.