Fsb impreparato a combattere il terrorismo

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RUSSIA – Mosca 06/01/2014. I due attentati di Volgograd alla fine di dicembre 2013 dimostrerebbero l’inefficienza dei servizi si di intelligence russi.

Secondo Andrei Soldatov (nella foto), caporedattore Agentura.Ru e uno dei maggiori specialisti russi sui servizi speciali. In un’intervista a Lenta.ru, ha riconosciuto che le azioni di Fsb e polizia a Volgograd sono «populisti» cioè possono rassicurare coloro che sono insoddisfatti dell’operato delle autorità, ma «è improbabile che possano aiutare  a combattere gli attentatori suicidi combattere». Secondo Soldatov, nella seconda metà degli anni Duemila, in concomitanza con la riforma dei servizi speciali russi, gli islamisti radicali nel Caucaso del Nord hanno ricostruito la propria struttura. Hanno abbandonato le formazioni paramilitari, a favore di piccole celle, altamente efficienti. Soldatov ritiene che gli attentati di Volgograd abbiano mostrato chiaramente le opportunità per il riacutizzarsi del terrorismo in Russia centrale. Per Soldatov: «Le unità dei servizi di sicurezza russi destinate alla lotta al terrorismo hanno superato il periodo della riforma del 2006-2007. Il problema è che sono state riformate con un focus su un particolare tipo di minacce: l’emergere di un folto gruppo di militanti in un ambiste urbano (…) In generale, si è cercato di evitare ciò che è accaduto nel 2005 a Nalchik, o prima, in Inguscezia, quando uomini armati per due giorni hanno controllato quasi tutta l’Inguscezia (…) L’accento è stato posto sulla spetsvedomstv, il coordinamento in una città: in una crisi, ognuno chiama l’altro, tutti sanno dove andare e il coordinamento a un certo livello diventa effettivo. Il problema è che nel caso di attentatore suicida, questo sistema non funziona, e l’amara ironia è che mentre i servizi speciali russi si stavano riformando, lo facevano anche gli islamisti nel Caucaso del Nord (…) Alla fine del 2006, hanno dismesso i gruppi paramilitari, con reggimenti e brigate per creare una struttura a cellule: agire in piccoli gruppi, cellule di 5-6 persone, molto più efficienti in termini di sicurezza rispetto alla penetrazione di agenti del Fsb. Inoltre, così è più facile organizzare un attacco terroristico con un kamikaze. I nostri servizi speciali per questo non erano pronti, ed è un problema molto serio. È necessario considerare una cosa: se non stiamo parlando di Mosca e di diverse unità nel Caucaso del Nord, il Fsb russo vive ancora ai tempo di Stalin (…) Vi è un altro grave problema: una crisi di fiducia all’interno delle agenzie di intelligence (…) senza canali informativi nessuno all’interno del servizio segreto vuole prendere l’iniziativa (…) Con Eltsin La legge sulla lotta al terrorismo definiva il terrorismo come un atto terroristico, che uccide molte persone. Sotto Putin, il terrorismo è definito come una «politica di intimidazione e di pressione sulle autorità». Il Cremlino intende prevenire la possibilità che i terroristi dettino alle autorità cosa debbano fare. E quando hai davanti un attentatore suicida, non  ergono fatte richieste politiche, ma minacce verso le autorità questo sì (…) L’elenco delle procedure non cambia: in servizio per quattro ore, vacanze nel week-end, tutti seduti in ufficio chini sui telefoni, nelle sedi e in attesa di qualcosa. Viene fatto un gran numero di riunioni. Questo crea l’apparenza di attività, ma l’efficacia è bassa, perché in questo caso funziona solo strategia a lungo termine; se c’è un buon lavoro con gli operatori Fsb di base in Daghestan e quelli a Volgograd, allora si può fare qualcosa. Altrimenti no».