ENERGIA. La corsa verso l’ammoniaca avvantaggia l’America Latina

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Le grandi multinazionali minerarie hanno annunciato riduzioni significative delle emissioni di carbonio; una dopo l’altra, le compagnie minerarie stanno cercando di uscire dal settore del carbone per investire in quello di altri minerali come rame, cobalto e nichel, necessari per la transizione energetica, compresi i veicoli elettrici.

Inoltre, Yoshihide Suga, il nuovo primo Ministro giapponese, ha fissato il 2050 come data sicura per il suo paese per smettere si usare il carbone e derivati. Per arrivarci, senza usare l’energia nucleare, il suo governo ha annunciato la formazione di un consiglio per consolidare il Giappone come leader mondiale nell’energia dell’ammoniaca, una sostanza chimica composta da un atomo di azoto e tre atomi di idrogeno. La realtà è che si tratta di un combustibile pulito e, inoltre, con più energia dell’idrogeno e poco più di un terzo dell’energia della benzina, per unità di volume, riporta America’s Quarterly.

Il Giappone sarà responsabile dello sviluppo della tecnologia e delle catene di approvvigionamento. Infatti, Nyk, la compagnia di navigazione giapponese, sta sviluppando navi che non solo trasportano ammoniaca, ma la utilizzano come carburante. L’Australia, poi, vuole assumere la leadership dell'”economia dell’ammoniaca”.

La cosa interessante è che l’America Latina potrebbe essere leader mondiale nella sua produzione. L’input fondamentale per uno sviluppo di questa natura è la produzione di idrogeno, che si ottiene tradizionalmente con tecnologie che utilizzano combustibili fossili, il cosiddetto “idrogeno grigio”, e che, quindi, non risolvono il problema del cambiamento climatico. Alcuni Paesi – soprattutto quelli ricchi di petrolio e gas – stanno sviluppando l’idrogeno blu, che cattura anidride carbonica. Il problema dell’idrogeno blu è che le tecnologie disponibili sono molto costose e richiedono un massiccio impiego di capitali. Tuttavia, questa è un’opzione che paesi come il Venezuela, potrebbero prendere in considerazione con l’impegno degli investitori internazionali.

Ma dove l’America Latina ha sicuramente un vantaggio è nella produzione di “idrogeno verde”, che viene prodotto con tecnologie che utilizzano il sole, il vento e l’acqua, proprio le risorse che la regione ha in abbondanza.

Il Cile sta già pensando di utilizzare l’energia solare del deserto di Atacama per produrre idrogeno, convertirlo in ammoniaca e inviarlo in Giappone da Antofagasta. La Colombia potrebbe fare lo stesso, da Puerto Brisa e Puerto Bolívar, i due porti di La Guajira, che all’inizio impone il costo aggiuntivo dell’attraversamento del canale di Panama. Tuttavia, l’energia eolica e solare si integrano molto bene nella penisola di La Guajira, che può produrre elettricità, la principale fonte di idrogeno, a un costo inferiore rispetto al Cile.

Si tratta di un’opzione di sviluppo interessante tanto che il ministero dell’Energia del Cile ha già convocato una commissione per esplorare l’argomento, e altri Paesi starebbero per fare lo stesso; si tratterebbe di una possibile via d’uscita alla devastante crisi economia generata dalla pandemia.

Graziella Giangiulio