La Rubrica #cyberlawdiritto/16

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ITALIA – Catania. 24/11/13. Il Fenomeno dell’open source e lo sviluppo di movimenti a sostegno del valore di internet. L’avvento della “Società dell’Informazione” ha contribuito al graduale sviluppo del fenomeno dell’open source, ossia un software finalizzato a favorire il libero accesso al codice sorgente e il libero studio di esso, rendendo possibile l’elaborazione di modifiche da parte di altri programmatori indipendenti.

 

Nel 1985, Richard Stallman fondò la “Free Software Foundation“ (FSF)  un’organizzazione senza fini di lucro per promuovere lo sviluppo e la distribuzione di software libero, in base al motto “software is free”.

Il movimento fondato da Stallman ha formalizzato il concetto di “copyleft” (in contrapposizione al tradizionale “copyright”) delineato nella FSF General Public License (GPL), il cui preambolo enuncia solennemente che: «Le licenze per la maggioranza dei programmi hanno lo scopo di togliere all’utente la libertà di condividerlo e di modificarlo. Al contrario la GPL è intesa a garantire la libertà di condividere e modificare il “free software” al fine di assicurare che i programmi siano “liberi” per tutti i loro utenti».

Secondo i principi base del manifesto dell’open source viene sancito il valore primario della Rete Internet nella parte in cui si afferma espressamente che «Oggi siamo abituati a considerare i software come prodotti industriali coperti da copyright, da utilizzare senza poter apportare modifiche sostanziali per adattarli alle nostre esigenze, pagando per questo un prezzo che a volte supera abbondantemente quello del computer sul quale i programmi verranno installati. Eppure alcune delle maggiori conquiste in campo informatico sono state compiute grazie alla ricerca di enti pubblici e al lavoro di persone che hanno sviluppato applicazioni senza fini commerciali. È stato grazie alla ricerca pubblica, militare e civile, che è nata la Rete Internet nel 1969 e il web nel 1989. Lo spirito di collaborazione e la possibilità di utilizzare liberamente il lavoro altrui per modificarlo, migliorarlo e implementarlo sono alla base del successo di Internet, ma anche di programmi che stanno riscontrando un grande successo pubblico come il server “Apache” – il più diffuso tra i server Internet – o il sistema operativo Linux. Il modello di sviluppo open source affonda le sue radici negli albori dell’informatica moderna, ma ha trovato il suo motore in quello che molti definiscono il Rinascimento Digitale, un’età nella quale l’informazione può finalmente circolare senza restrizioni grazie alla Rete».

Autorevoli esperti sono concordi nel ritenere che il successo dell’open source derivi da una serie di fattori particolarmente efficaci:

  • Risparmio: l’open source e i suoi aggiornamenti sono gratuiti, facendo venir meno il monopolio delle grandi aziende che commercializzano il software ad alti costi;

  • Libera circolazione delle conoscenze: l’open source contribuisce, nell’ambito della Società dell’Informazione, allo sviluppo culturale e tecnologico grazie alle attività ed esperienze di diversi e numerosi programmatori indipendenti che mettono le proprie capacità al servizio del progresso libero ed accessibile a tutti;

  • Affidabilità e sicurezza: conoscere il codice sorgente di un programma vuol dire poterlo adattare alle proprie esigenze e risolvere eventuali problemi di funzionamento.

In Italia, la “Commissione per il software a codice sorgente aperto nella Pubblica Amministrazione” (cd.“Commissione Meo”), ha predisposto nel maggio 2003 la pubblicazione di un importante documento, dal titolo “Indagine conoscitiva sul software open source” che contiene interessanti proposte per la diffusione del software open source nella PA italiana.

A seguito dei lavori della Commissione, è stata emanata la cd.“Direttiva Stanca” del 19 dicembre 2003 da parte dell’allora Ministro per l’Innovazione e le Tecnologie, On. Lucio Stanca, relativa allo “Sviluppo ed utilizzazione dei programmi informatici da parte delle pubbliche amministrazioni”.

«Dall’indagine emerge che nel 2001 la Pubblica amministrazione italiana ha speso 675 milioni di euro per il software (il 22% della spesa totale in tecnologie dell’informazione e della comunicazione): di questi il 61% è stato destinato al software realizzato specificatamente e il 39% per quello a licenza».

Per focalizzare la rilevanza di questa iniziativa, l’On. Stanca ha spiegato che l’obiettivo è quello «di favorire l’utilizzo di prodotti informatici che promuovano il pluralismo del software nella Pubblica Amministrazione e, quindi, la possibilità di scegliere soluzioni convenienti non solo in termini economici tra quelli disponibili sul mercato, con software proprietario e con software aperto, tenendo conto che quest’ultimo consente di conformare i programmi alle nostre esigenze, mano a mano che esse si pongono, e di metterli anche a disposizione di altri».

Il contenuto sostanziale delle Linee Guida della Diretta costituisce il punto di riferimento normativo della disciplina generale contenuta nel d.lgs. 82/05 (Codice dell’amministrazione digitale) per realizzare adeguate politiche di contenimento economico e di risparmio della spesa pubblica da realizzare nell’ambito delle amministrazioni pubbliche mediante concreti processi di valorizzazione delle nuove tecnologie dell’informazione e della comunicazione.

A livello europeo, è stato elaborato un interessante progetto che prevede la creazione di una Biblioteca digitale da realizzare secondo i principi dell’open content per rendere concretamente disponibili nel cyberspazio numerosi contenuti accessibili liberamente agli utenti.

In questo senso, è innegabile che l’avvento delle tecnologie digitali abbia favorito la circolazione incontrollata di contenuti online disponibili nella Rete al punto tale da rendere sempre più complesso il tentativo di operare un non agevole bilanciamento tra le opposte esigenze di tutela che riguardano la protezione del diritto d’autore e il riconoscimento della libertà di espressione e di comunicazione nella sua peculiare dimensione interattiva che si manifesta nel cyberspazio.

Nell’epoca della definitiva consacrazione di Internet, lo sviluppo dell’opera multimediale e digitale ha realizzato una sostanziale modificazione del paradigma della tradizionale nozione di opera dell’ingegno avente carattere creativo, facendo venir meno la classica distinzione tra originale e copia.

Con l’avvento del web 2.0, le nuove tecnologie digitali semplificano la trasmissione dei contenuti e modificano il ruolo e la figura dell’autore, contribuendo alla diffusione del fenomeno della cd. “interazione partecipativa” in base al quale tutti gli utenti sono al tempo stesso autori e fruitori di contenuti digitali creativi.

Sicuramente, grazie allo sviluppo della “Società dell’Informazione” il valore della conoscenza ha assunto una rilevanza fondamentale nel garantire la generale fruizione di contenuti disponibili online.

Alla luce di tale processo evolutivo, nel corso del tempo si sono affermate peculiari correnti di pensiero rappresentate dal movimento “software libero”, dalla filosofia ”open source”, dirette espressioni dei principi ispiratori delle licenze “Creative Commons” che hanno messo in discussione il tradizionale sistema del copyright vigente, determinando la cd. “neutralizzazione” del diritto d’autore.

In questo contesto sono emerse proposte interessanti per garantire la configurazione di un sistema che attribuisca un ruolo preminente al valore della cultura e della conoscenza, abbandonando l’attuale sistema del copyright che si basa sulla rigida protezione dell’opera, senza tener conto delle implicazioni derivanti dalla diffusione delle nuove tecnologie.

Storicamente, i primi a mettere in discussione l’impianto fondamentale della struttura tradizionale del copyright furono Gottfrid Svartholm, Fredrik Neij, Peter Sunde, fondatori di “PirateBay” (o TPB) e Carl Lundstrom (investitore), grazie alla creazione di un sito che ospita magnet link e .torrent file per consentire agli utenti di condividere file tramite la rete “BiTorrent”.

Per difendersi dalle accuse di pirateria, i fondatori di tale sistema affermano che i siti .torrent non violerebbero alcuna legge, poiché, a differenza di altre tecnologie peer-to-peer (come, ad esempio, eMule), i dati da loro ospitati sono solo delle chiavi utili per rintracciare i file condivisi sulla rete Internet, dovendosi escludere qualsiasi profilo illecito di pirateria addebitabile al sito.

Nel corso degli anni, numerose società hanno instaurato controversie legali contro “ThePirateBay” per reiterate violazioni di copyright. Il 17 aprile 2009, i responsabili di Pirate Bay sono stati condannati a un anno di prigione per violazione di diritti d’autore, a seguito della sentenza emessa dal tribunale di Stoccolma. In particolare, il tribunale ha condannato Fredrik Neij, 30 anni, Gottfrid Svartholm, 24 anni e Peter Sunde, 30 anni, fondatori di Pirate Bay, e Carl Lundstrm, 48 anni, accusato di avere investito nel sito. I quattro sono stati contestualmente condannati anche a versare 30 milioni di corone (2,7 milioni di euro) a titolo di multa per i danni cagionati alle industrie discografiche, cinematografiche e dei videogiochi. A seguito del ricorso proposto contro la sentenza di primo grado, la Corte d’Appello svedese, con sentenza del 26 novembre 2010, ha confermato la condanna per i gestori di The Pirate Bay, accusati di «complicità nella violazione dei diritti d’autore». Carl Lundstrom, Peter Sunde e Fredrik Neij sono stati condannati rispettivamente a quattro, otto, dieci mesi di reclusione e al pagamento di una multa di 6,5 milioni di dollari (2,16 milioni a testa). Gottfrid Svartholm Warg (il quarto imputato), non ha presenziato all’udienza per motivi di salute e il suo procedimento è stato posticipato.

Secondo la Corte d’ Appello «The Pirate Bay ha facilitato la condivisione di materiale illegale e quindi i gestori sono responsabili di quanto perpetrato attraverso la loro creatura».

In realtà, andando oltre il contenuto dispositivo della statuizione giudiziaria, sono numerose le attività realizzate nel corso del tempo dal sito. Tra i principali progetti realizzati da Pirate Bay è importante ricordare:

  • Steal This film (in italiano “Ruba questo film”): il titolo del documentario prodotto da “ThePirateBaycontro la proprietà intellettuale in opposizione alla campagna antipirateria presente al cinema e nei DVD originali. Il film è scaricabile liberamente sul sito di “ThePirateBay. Vi è una versione nella sola lingua inglese, ma nel sito sono disponibili versioni non ufficiali del documentario sottotitolate in italiano;

  • Playable”: un portale dove si potrà scaricare liberamente opere protette dal diritto d’autore, a un prezzo mensile scelto liberamente dall’utente;

  • The Video Bay”: il nuovo portale alternativo a “YouTube” per la pubblicazione e condivisione di video;

  • Secure P2P”: un nuovo protocollo da sviluppare a partire dal sistema di Bit.Torrent, per risolvere soprattutto le problematiche esistenti in materia di sicurezza;

  • BayWords”: il sito in cui ogni utente può creare un proprio blog per esprimere le proprie opinioni che non verranno censurate in nome del valore assoluto della libertà di espressione. Il sito è costruito sulla piattaforma “WordPress” caratterizzata da contenuti multimediali e testuali facilmente gestibili e aggiornabili alla stregua di un normale blog ed è finanziato dai banner pubblicitari.

Lo straordinario successo delle iniziative promosse nel corso del tempo dal portale ThePirateBay” ha favorito la nascita di un vero e proprio partito politico in Svezie:Piratpartiet creato da Rickard Falkvinge con l’obiettivo di elaborare e presentare una proposta di legge per modificare la disciplina prevista in materia di copyright e diritto d’autore, evidenziando, in particolare, la necessaria adozione di misure volte al riconoscimento del valore della cultura, della conoscenza e dell’informazione.

In occasione delle elezioni svedesi del 2006, il Partito Pirata ha ottenuto lo 0,69% dei voti, non riuscendo a raggiungere la soglia di sbarramento del 4% necessaria per ottenere seggi da assegnare ai propri rappresentanti istituzionali eletti in Parlamento.

  1. AlleElezioni europee del 2009, grazie anche alla popolarità tra l’opinione pubblica che gli è stata data dalprocesso instaurato contro il sito The Pirate Bay, il Piratpartiet ha ottenuto il 7,1% dei voti svedesi, riuscendo a conquistare un seggio nel Parlamento Europeo, dei 18 allora disponibili per la Svezia.

L’aggregazione partitica realizzata in Svezia ha favorito la diffusione di movimenti analoghi in altri Paesi. È stato costituito il Partito Pirata in Germania (“Piratenpartei Deutschland) il 10 settembre 2006. A giugno 2009, il deputato del Bundestag Jörg Tauss, proveniente dal SPD, ha aderito al Partito Pirata, diventando l’unico rappresentante del partito in Parlamento. In occasione delle Elezioni federali tedesche del 2009, il partito ha ottenuto il 2,0 % dei voti, primo partito fra quelli che non hanno superato la soglia di sbarramento.

Il programma politico elaborato dal tedesco Piratenpartei Deutschland” è simile a quello del Piratpartiet”: rimozione della censura di Internet; smantellamento delle misure di sorveglianza dei cittadini e dei monopoli artificiali; predisposizione di un trattamento dei dati personali sicuro e controllabile; attuazione di un indispensabile e ragionevole quadro normativo in materia di diritto d’autore, tenendo conto delle nuove tecnologie digitali; realizzazione di nuove riforme su temi informatici e telematici esistenti nell’ambito della “Società dell’Informazione”; diffusione e promozione del fenomeno “Open Source”.

La diffusione di tali movimenti ha confermato l’inesorabile sviluppo di Internet, evidenziando come la Rete rappresenti uno straordinario veicolo di diffusione di un’enorme quantità di informazioni disponibili nel cyberspazio, con la conseguenza che il valore primario della conoscenza debba giustificare la legittima limitazione di tutti quei meccanismi tradizionali di tutela della proprietà intellettuale diretti a impedire in qualche modo la libera diffusione di informazioni e risorse online.