COREA DEL NORD. La sua potenza nucleare, non le sanzioni portano Kim al dialogo

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Nonostante si voglia far credere che le sanzioni imposte alla Corea del Nord siano state la causa della già tormentata richiesta di un incontro fatta da Kim Jong un al presidente Trump, occorre notare che, se le sanzioni Onu stanno limitando la sua crescita, il paese è lontano dalla carestia o dal collasso totale.

Anche se è difficile ottenere dati affidabili sulla Corea del Nord varie fonti suggeriscono che ci sia stato un notevole miglioramento, da quando Kim è salito al potere nel dicembre 2011 introducendo nuovi elementi per l’economia, che avrebbero permesso anche un certo grado di privatizzazione dei beni. Kim, riporta Scmp, ha messo in atto varie misure per accelerare lo sviluppo economico del suo paese e allentare la presa del governo sul commercio e l’industria. Nel 2012 ha offerto, alle fabbriche e alle aziende, incentivi per migliorare la produttività e, un anno dopo, ha istituito 13 nuove zone di sviluppo economico per cercare di attrarre investimenti stranieri. Nel 2014 sono state adottate riforme più orientate al mercato, per liberalizzare ulteriormente l’economia. Inoltre, il miglioramento del tenore di vita è ormai una priorità nazionale.

Sebbene l’effetto diretto di tali decisioni sia difficile da misurare, esistono alcuni indicatori economici di progresso. La Bank of Korea, la banca centrale di Seul, ha stimato che l’economia nordcoreana sia cresciuta in media dell’1,24 per cento da quando Kim ha preso il potere, espandendosi del 4 per cento pari a 28,5 miliardi di dollari nel 2016, la crescita più rapida degli ultimi 17 anni.

Le cifre relative agli scambi commerciali di Pyongyang rivelano inoltre segni di espansione economica dal 1996. Le principali esportazioni della Corea del Nord sono minerali, prodotti metallurgici e manufatti, compresi gli armamenti, secondo l’ultimo Factbook Cia. Le sue principali importazioni sono il petrolio, il carbon coke e i macchinari. Mentre il totale delle sue esportazioni è cresciuto in media del 4-5 per cento all’anno, le sue importazioni hanno segnato una crescita annua del 3-5 per cento nel periodo, secondo lo studio della Banca di Corea Analysis on the Openness and Economic Welfare of North Korea.

L’economia di Pyongyang dipende in larga misura dalla Cina, il suo unico alleato. Nel 2016 la Cina rappresentava l’85,6 per cento delle esportazioni del paese vicino e il 90,3 per cento delle importazioni; il commercio tra i due paesi è aumentato da quando Kim ha preso il potere, con la Cina che rappresenta l’81 per cento del commercio della Corea del Nord nel 2012 e il 91 per cento nel 2016. Il commercio tra i due paesi è sceso del 10,5 per cento lo scorso anno, quando Pechino ha sostenuto le sanzioni Onu. 

L’attenzione della Corea del Nord per l’economia è emersa in aprile, quando Kim ha dichiarato che avrebbe iniziato ad allontanarsi dalla politica del “byungjin”, che prevede lo sviluppo simultaneo di armi nucleari e di economia, per adottare una nuova strategia incentrata sul miglioramento dell’economia.

Questo messaggio è stato rafforzato durante i colloqui di Kim con il presidente cinese Xi Jinping, a maggio. In quell’incontro, Kim ha anticipato l’adozione di “misure graduali e sincrone” per «raggiungere la denuclearizzazione e una pace duratura nella penisola coreana». Tale processo comporterebbe l’eliminazione graduale delle armi nucleari in cambio di miglioramenti economici e la graduale abolizione delle sanzioni. 

Antonio Albanese