COREA DEL NORD. Carbone e bitcoin

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La Cina ha ripreso le importazioni di carbone nordcoreano nel mese di agosto, nonostante la sospensione iniziata a febbraio, secondo i dati doganali cinesi usciti recentemente.

Stando al quotidiano sudcoreano Korea Jongaang Daily, Pechino avrebbe preso circa 1,64 milioni di tonnellate di carbone nordcoreano a febbraio per un valore di circa 138,1 milioni di dollari, secondo l’Amministrazione generale delle dogane della Cina.

L’importazione sembra aver preceduto il divieto totale imposto dalle sanzioni del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. Il ministero del Commercio della Cina e la sua Amministrazione generale delle dogane ha annunciato il 18 febbraio di aver sospeso tutte le importazioni di carbone nordcoreano per il resto dell’anno, in rispetto delle sanzioni Onu. Un commerciante di carbone che tratta con la Corea del Nord avrebbe visto 5.000 tonnellate di carbone passare la dogana dopo essere stato bloccato in un porto cinese per sei mesi. Il commercio totale della Cina con la Corea del Nord è aumentato il mese scorso, raggiungendo i 604,27 milioni di dollari in agosto, rispetto ai 456,16 milioni nel mese di luglio, secondo i dati dell’Amministrazione generale delle dogane della Cina.

Allo stesso modo, il commercio totale della Cina con la Corea del Nord è salito a 3,61 miliardi di dollari nei primi otto mesi di quest’anno, con un aumento del 7,5% rispetto allo stesso periodo del 2016.

Le cifre in questione hanno portato a chiedersi in ambito internazionale se Pechino stesse attuando correttamente le sanzioni; il ministero del Commercio cinese ha comunicato, giorni fa, che limiterà le esportazioni di prodotti petroliferi raffinati verso la Corea del Nord da ottobre  e vieterà immediatamente le esportazioni di condensati e gas naturale liquefatto, così come le importazioni di prodotti tessili, in conformità con le sanzioni delle Nazioni Unite.

Affamata di denaro, Pyongyang ha preso di mira i bitcoin, oggetto di una recente manovra restrittiva di Pechino. 

Hacker nordcoreani hanno preso di mira almeno quattro uffici di bitcoin in Corea del Sud senza riuscirvi. Le violazioni nordcoreane si sono verificate dal 5 luglio all’8 agosto attraverso tecniche di “spear-phishing”

Le autorità hanno concluso che gli attacchi provenivano dalla Corea del Nord, perché gli hacker utilizzavano lo stesso indirizzo IP conosciuto per attacchi precedenti. Dei nove indirizzi e-mail falsi utilizzati per lo schema, sette provenivano dal portale locale Naver, uno da Gmail e l’altro da un sito web straniero diverso, ha detto la polizia; quattro sono stati rubati, mentre cinque sono stati prodotti di recente. Dei cinque nuovi indirizzi e-mail, due erano stati sottoposti a una procedura di autenticazione da smartphone. La polizia più tardi ha scoperto che gli smartphone erano stati hackerati.

Antonio Albanese