Complesso d’inferiorità indiano

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Siamo abituati a percepire l’India come attore strategico di primo piano su vari livelli, così può essere strano pensare che lo stesso attore stia alimentando un senso d’inferiorità nei confronti della potenza militare cinese.

Se Nuova Delhi ha appena annunciato un incremento del 13 per cento nel bilancio della Difesa per il biennio 2012 – 2013, se l’India è il più grande importatore di sistemi militari al mondo, per la gran parte degli analisti indiani non basta. Tutti hanno lumeggiato altre sfacettature di queste notizie: i 39 miliardi di dollari del bilancio della Difesa indiana sono una cifra modesta se comparata con i 106 miliardi di dollari dell’omologo bilancio cinese. Simile critiche, però, non tengono in conto di alcuni aspetti peculiari della situazione indiana. Un incremento del 13 per cento rappresenta un tasso d’incremento enorme per un’economia, come quella indiana, la cui crescita è previsto si aggiri intorno al 7,6 per cento nel prossimo anno. Aumenti più ampi semplicemente non sono sotenibili oltre che fungere da campanello d’allarme per le nazioni confinanti. Oltre a questo dato economico, i vertici militari indiani hanno da tempo accettato due questioni strategiche: le forze armate cinesi saranno sempre più grandi e la Cina sarà sempre più ricca.
Per questo i vertici indiani si stanno concentrando più sulla qualità che sulla quantità, investendo, ad esempio, in sistemi d’arma che semplicemente la Cina non può permettersi perché bloccata da una serie di embarghi. A livello regionale, se la Cina è più forte di tutti, l’India sa che potrebbe diventare più popolare tra i suoi vicini. I media indiani, al contrario, stanno però giocando al massacro. The Times of India, giorni fa, apriva le sue edizioni, lamentando il fatto con un titolo che può essere tradotto così: «Le Forze armate giocano adacchiaprella mentre la Cina corre avanti», senza chiedersi se effettivamente il governo stia dando fondi sufficienti e come questi siano impiegati per garantire una strategia efficace e moderna.
Al Times faceva eco Business Standard, che rilevava come l’esercito fosse alla fame mentre aeronautica e marina potessero permettersi il lusso di sprecare, non tenendo cnto del fatto che con un esercito composto da oltre un milione di effettivi, i costi per gli stipendi sono sei volte più grandi di quelli previsti per l’ammodernamento. Un simile rapporto nasce dal fatto che l’esercito indiano sta cercando di risollevare le condizioni di vita dei suoi uomini e, quindi non può permettersi grandi investimenti. Gli oltre 2 milioni di soldati cinesi, sempre meglio pagati, fanno venire simili mal di testa ai vertici militari del Celeste impero.
Per l’India, inoltre, occorre tener presente che le priorità scelte sono state altre: il potenziamento delle forze aeree (messa in linea del caccia Dassault Raphale) e di quelle navali (varo e acquisto di nuove fregate), hanno messo, fino ad ora, le esigenze dell’esercito al terzo posto. Ora sembra che stiano cambiando le cose. A queste inefficenze sistemiche va anche aggiunta la cronica incapacità della buroicrazia ministeriale: nell’ultimo anno finanziario, il ministro della Difesa non è riuscito a spendere tutto il budget a sua disposizione, per semplici motivi di rappresentanza.
A tutto ciò si aggiunge anche la tremenda trafila burocratica per l’acquisto di nuovo materiale: i tentativi di acquistare nuovi pezzi di artiglieria per l’esercito ha portato ad un iter decennale che ha creato una lista nera di sei prodottori stranieri ma a nessun cannone per l’esercito.
Se si va poi ad analizzare la produzione interna, si assite asd unsimile spreco ed uno sprecodi risorse e ad una produzione pessima. Il Drdo indiano (la struttura  militare di ricerca della Difesa) fa progetti molto ambiziosi e dispendiosi ma non produce nulla o quasi nulla.
Il problema resta comunque l’incoerenza gestionale del sistema indiano, vera e reale minaccia, piuttosto che il presunto pericolo cinese.