Buenaventura nuova capitale della violenza colombiana

572

COLOMBIA – Bogotà, 28/03/14. «È come se tutta la malvagità in Colombia si fosse concentrata a Buenaventura», commenta Monsignor Hernán Epalza, vescovo della città, in un’intervista al giornalista di BBC Mundo Arturo Wallace. 

 

Come denuncia l’organizzazione internazionale Human Rigths Watch (HRW), in un rapporto intitolato “La crisi a Buenaventura” e pubblicato giovedì 20 marzo 2014, «la Colombia presenta la seconda popolazione più numerosa di profughi interni a livello mondiale. In nessun’altra area di questo Paese la portata della migrazione forzata è grave come a Buenaventura, una città-porto sulla costa del Pacifico, dove la popolazione è in maggioranza afrocolombiana. Nel 2013 la violenza ha costretto oltre 13.000 persone ad abbandonare la propria casa, più di qualunque altro comune del Paese». 

Le cause di questo fenomeno sono molte e diverse, ma tutte riconducono alla violenza dilagante. Come sottolinea HRW, «interi quartieri della città si trovano sotto il dominio di gruppi successori di paramilitari, che formalmente sono stati smobilitati un decennio fa – conosciuti come gli “Urabeños” e la “Empresa” – e che oggi sono i protagonisti degli atti aberranti di violenza contro qualsiasi persona che si sia opposta ai loro interessi. La crisi a Buenaventura mostra che questi gruppi sono responsabili della scomparsa di una grande quantità – probabilmente centinaia – di residenti negli ultimi anni. Smembrano le loro vittime e gettano i resti nel mare o li sotterrano in fosse clandestine, secondo i racconti degli intervistati. In vari quartieri gli abitanti denunciano l’esistenza di “casas de pique”, dove le vittime di queste bande criminali sono squartate vive. Le autorità non hanno adottato le misure necessarie per proteggere i cittadini dalla violenza perpetrata da questi gruppi e garantire giustizia per gli abusi subiti. In questi quartieri la presenza delle forze di polizia è debole e la Procura non riesce quasi mai a condannare i colpevoli nei casi di scomparsa o trasferimento forzato». 

La fotografia di Buenaventura mostra una città dove il silenzio della notte è rotto dalle grida dei torturati, dove i “desaparecidos” sono almeno 150 nel periodo compreso tra gennaio 2010 e dicembre 2013, secondo stime governative, più del doppio di qualsiasi altro comune colombiano e dove, come sottolinea HRW nel suo Rapporto, è sicuro che la cifra reale sia ancora maggiore perché la paura fa sì che molte scomparse e altri crimini non siano neanche denunciati. 

«La situazione di Buenaventura è una delle più allarmanti tra quelle che abbiamo osservato in molti anni di lavoro in Colombia e nella regione latinoamericana», afferma José Miguel Vivanco, direttore della divisione di Human Rights Watch per le Americhe. 

Il giorno dopo la pubblicazione del Rapporto, venerdì 21 marzo 2014, il governo colombiano ha annunciato la completa militarizzazione della città: 2.400 agenti delle forze dell’ordine vigileranno il porto. Secondo quanto dichiarato dal ministro della Difesa Juan Carlos Pinzón, un primo gruppo di 700 soldati e poliziotti è già stato dispiegato per pattugliare le strade e combattere le bande criminali locali della città più violenta del Paese.

L’efficacia di questa decisione è molto controversa. «C’è la violenza dei gruppi criminali, ma c’è anche la violenza istituzionalizzata», commenta Monsignor Epalza riferendosi alla negligenza statale evidente negli elevati livelli di povertà che alimentano il problema. La mancanza di opportunità rende i quartieri più poveri e abbandonati dallo Stato terreno fertile per il reclutamento delle bande criminali. «La militarizzazione non è la soluzione. Buenaventura ha bisogno di investimento sociale», chiarisce. 

Secondo il colonnello José Correa, comandante della polizia locale, la recente ondata di violenza e i barbari atti di crudeltà sono il risultato dello scontro tra i due gruppi rivali, la “Empresa” e gli “Urabeños” che si contendono narcotraffico ed estorsione, un conflitto aggravato inoltre dalla morte o dalla cattura di alcuni dei principali membri di queste bande, leadership vacanti molto ambite. La discendenza e il legame di questi gruppi con i vecchi paramilitari si palesano nelle attuali modalità di tortura e assassinio che rimandano facilmente alle motoseghe usate per molto tempo al fine di estorcere la terra a migliaia di contadini.

Sembra tuttavia che i vincoli con il “narcoparamilitarismo” non bastino per spiegare cosa succede in questa città. I motivi dipendono tanto dal passato quanto dal futuro. 

Il caso di Buenaventura è emblematico perché qui, più di altre zone, la promessa di una “Colombia nuova” si scontra con le pratiche e gli orrori che sembravano appartenere al passato.

I quartieri più colpiti perché dominati dai gruppi criminali sono quelli più vicini al porto, nodo che genera circa 2.000 milioni di dollari statunitensi in tasse doganali l’anno. Si tratta di aree poverissime, che spesso mancano di acqua potabile e rete fognaria. Si tratta di ghetti in cui gli abitanti sono costretti a vivere perché la loro circolazione è controllata e minacciata dalle bande. Si tratta di zone strategiche per la criminalità in quanto la loro vicinanza al mare li rende luoghi adatti per conservare droga e armi, in entrata o uscita da Buenaventura. Si tratta inoltre di quartieri edificati su terreni che acquisiranno un gran valore se la città si sviluppa verso il mare, come sperano le autorità governative. 

Secondo José Miguel Vivanco tuttavia, per risolvere la situazione «l’importante è riconoscere che non si tratta di un problema esclusivo del porto». «Buenaventura è solo l’esempio estremo di una realtà che riguarda varie regioni della Colombia, dove potenti organizzazioni criminali derivanti dai gruppi paramilitari di estrema destra continuano a commettere gravi abusi contro la popolazione e sono i responsabili della morte, dello smembramento e della scomparsa di centinaia di persone». 

Permettere che si ripeta, o continui a verificarsi, la violenza del passato significa trasformare i sogni per il futuro in incubi, come sta accadendo nel Pacifico colombiano.