Urumqi chiama Raqqa

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CINA – Pechino 30/09/2014. Nel 2013, nella regione dello Xinjiang, oltre 200 persone della comunità uigura, sono state uccise dall’esercito.

Il 28 settembre 2014, si è verificata una serie di attentati: quattro detonazioni sono state seguite da un black-out informativo durato parecchie ore. Al termine del blackout sono venuti fuori alcuni dati: 54 vittime, di cui 32 uiguri. Sono rimasti uccisi «40 rivoltosi», morti suicidi per le esplosioni o abbattuti dalla polizia o dall’esercito cinese. In termini di tempo, le forze di sicurezza cinesi hanno aumentato le loro operazioni contro i gruppi separatisti figuri, alcuni dei quali sembrano essersi avvicinati allo Stato Islamico. L’apparato di sicurezza cinese è pienamente consapevole di questo fatto e nel governo è cresciuta la preoccupazione per l’aumento della frequenza, le dimensioni e la sofisticazione degli attentati dei separatisti uiguri, presenti ormai nei ranghi sia di al-Nusra e nello Stato islamico. Is potrebbe diventare un catalizzatore del conflitto nella Cina occidentale, una volta che i combattenti ritornino dal Medio Oriente. Da qui nascerebbe l’interesse della Repubblica popolare cinese verso la Siria. La tipologia degli attentati dell’ultimo anno e mezzo nello Xinjiang suggerirebbe che alcuni di quei combattenti possono avere già tornati e iniziato l’addestramento nelle metodologie apprese in Siria e in Iraq. Il fatto che le autorità cinesi abbiamo ammesso che alcuni “rivoltosi” fossero attentatori suicidi, non sarebbe un fenomeno nuovo: a maggio e ottobre 2014 si erano già verificati due episodi, ma si tratta di un indicatore significativo delle influenze jihadiste nella Cina occidentale. Le operazioni suicide sono rare in questo teatro (non tenendo conto di India o del Pakistan), e il fatto che avvengano in Cina le rende ancora più significative. Occorre dire che i gruppi uiguri non sono ancora al livello di quelli presenti in Indonesia, Malesia e Filippine ma pur mantenendo modalità operative solite da alcuni dettagli si evince che è in corso una evoluzione. Non è quindi una sorpresa apprendere che tra i 300  e i 400 uiguri si sarebbero uniti a Jabhat al Nusra o a Isis, in Siria. Da fonti osint si apprende che gruppi come il Movimento islamico del Turkestan orientale hanno comprato documenti falsi attraverso contatti in Thailandia per passare in Siria attraverso Malesia e Indonesia e in misura minore attraverso le Filippine: una serie di arresti di uiguri effettuati in tutti e tre i paesi ne sarebbero la testimonianza, accanto a quelli uccisi in Siria e in Iraq. Ma i jihadisti uiguri non starebbero facendo esperienza solo in Siria e in Iraq, alcuni verrebbero addestrati nei campi base in Pakistan prima del viaggio in Siria. Va notato che chi frequenta i campi in Pakistan tende ad essere inviati a unità di al-Nusra o del Free Syrian army; mentre chi va a combattere per lo Stato Islamico riceverebbe una formazione in uno dei paesi del sud-est asiatico, come nelle Filippine. I contatti tra il Movimento islamico del Turkestan orientale e Isis sarebbero avvenuti attraverso l’Associazione per la Solidarietà e l’Educazione del Turkestan orientale. I gruppi di combattenti uiguri, sia che passino attraverso il sud-est asiatico o il Pakistan, solitamente arrivano in Turchia, base logistica temporanea per entrare in Siria, via terra.