Controffensiva USA al fotovoltaico cinese

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STATI UNITI – Washington D.C. 12-08-2014. La guerra dei dazi antidumping tra Stati Uniti e Cina sul fronte del mercato del fotovoltaico non conosce tregue. Il 25 luglio scorso, infatti, il Dipartimento del Commercio statunitense ha reso note le nuove decisioni preliminari relative alle  importazioni di alcuni tipi di silicio cristallino e dei moduli fotovoltaici provenienti dalla Repubblica popolare cinese, che anticipano la decisione definitiva attesa per l’inizio del prossimo anno. Tali misure sono tese a salvaguardare aziende e lavoratori nazionali e ad evitare pericolose distorsioni di mercato derivanti dalla vendita sottocosto di prodotti fotovoltaici cinesi. 

 

Nello specifico il Dipartimento ha stabilito che celle, wafer e pannelli di origine cinese saranno venduti negli Stati Uniti con dazi antidumping che vanno dal 26,33 al 165,04%. Ma c’è di più. Gli States hanno deciso di applicare imposte dal 27,59 al 44,18% anche su materiali e componenti fotovoltaici provenienti da Taiwan perché, secondo indagini statunitensi, alcune società cinesi hanno cercato di eludere il protezionismo americano utilizzando impianti di produzione siti in Taiwan. Le aziende cinesi Trina Solar e Renesola/Jinko, perciò, saranno sottoposte a dazi antidumping rispettivamente del 26% e del 58,8%, mentre per le taiwanesi Gintech e Motech le tariffe saranno del 27,59% e del 44,18%.

I produttori USA di componenti fotovoltaici hanno immediatamente esultato per le decisioni preliminari del Dipartimento del Commercio, ma è altresì vero che, secondo recenti studi di NPD Solarbuzz, le stesse decisioni metterebbero a rischio oltre 3 GW di progetti fotovoltaici. Questa potenza, invero, deriverebbe dall’installazione di moduli cinesi e le proposte del Dipartimento potrebbero spingere molte aziende a trovare altri fornitori, a pagare prezzi più elevati per i moduli o, addirittura, a porre fine alla propria attività. In generale, ad avviso del senior analyst di NPD Solarbuzz Michael Barker, a maggior rischio sarebbero gli impianti di grandi dimensioni da installare a terra, poiché particolarmente vulnerabili agli aumenti dei costi.

La guerra  tra Stati Uniti e Cina sul fotovoltaico, tuttavia, ha radici lontane. Nel maggio del 2012 il governo federale statunitense ha imposto tariffe dal 31 al 249% ad esportatori cinesi di pannelli solari accusati di dumping. La Cina, di contro, ha risposto con l’imposizione di dazi sul polisilicio fabbricato negli Usa. A gennaio di quest’anno, poi, le due superpotenze hanno cercato di intavolare trattative al fine di evitare di danneggiarsi a vicenda, ma tutto si è risolto in una fumata nera. Le recenti disposizioni USA sulle importazioni di fotovoltaico cinese, dunque, rappresentano solo l’ultima controffensiva di una guerra che dura ormai da più di due anni.

È necessario precisare, però, che, nonostante tale conflitto, il solare americano è in continua ascesa. A guidare la crescita sono soprattutto California, Nevada, North Carolina e Arizona, ma un numero sempre maggiore di Stati, tra cui Utah e Minnesota, sta lavorando a progetti multi-gigawatt, che coinvolgono aree finora per nulla attratte dal fotovoltaico.