A giudizio il presidente della Sinopec

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CINA – Pechino 12/01/2014. La Cina ha sottoposto a giudizio 48 persone, tra cui il presidente della Sinopec, per uno dei peggiori disastri industriali del paese, avvenuto nel 2013, in cui sono rimaste uccise 62 persone.

L’esplosione al polo petrolifero orientale di Qingdao nel mese di novembre 2013 è stato l’incidente mortale più grande e noto della China Petroleum & Chemical Corp (Sinopec). Il Consiglio di Stato cinese ha accettato di “disciplinare” 48 persone, tra cui il presidente Sinopec, Fu Chengyu e il sindaco di Qingdao, Zhang Xinchao, in merito all’esplosione dell’oleodotto, riporta Xinhua. Quindici persone, poi, sospettate sono state portate davanti all’autorità giudiziaria. L’esplosione al gasdotto Dongying – Huangdao II di proprietà della Sinopec è stato attribuita alla corrosione del gasdotto, a pratiche di lavoro irregolari e a una intricata rete di tubi interrati, cha hanno causato il ferimento 136 persone e causato perdite economiche dirette per 750 milioni di yuan. Molti dei morti erano operai che stavano cercando di riparare una perdita. Durante una visita nel luogo del disastro a novembre 2013, Fu aveva chiesto scusa alla popolazione di Qingdao, dove l’esplosione ha suscitato malcontento tra i residenti che non erano stati avvertiti del pericolo anche se la perdita era stata scoperta quasi otto ore prima dell’esplosione. La punizione di Sinopec viene presentata dalle autorità come una opera di vigilanza contro la corruzione nelle principali compagnie petrolifere cinesi. L’ex capo della China National Petroleum Company, Jiang Jiemin, e altri alti funzionari della PetroChina sono stati posti sotto inchiesta nel 2013. La Cina ha scoperto quasi 20mila rischi di catastrofe nel settore petrolifero e del gas a livello nazionale nel corso di una serie di indagini sulla sicurezza del paese, riporta l’agenzia.

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