CINA. I Tweet di Trump non passano la censura di Pechino 

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La censura di Pechino ha tenuto all’oscuro il mainstream e i social media economico-finanziari della minaccia del presidente americano Donald Trump di rinnovare le tariffe sulle merci cinesi.

I mercati hanno aperto ore dopo che Trump ha twittato che gli Stati Uniti avrebbero aumentato le tariffe su 200 miliardi di dollari di merci dal 10 al 25 per cento il prossimo 10 maggio. Trump si è lamentato che i progressi nei negoziati commerciali con la Cina si muovono «troppo lentamente».

Nonostante le forti reazioni del mercato, i tre principali media statali ufficiali, Il Giornale del Popolo, la Cctv e Xinhua non hanno fatto menzione degli sviluppi a Washington o della reazione del mercato, negativa, per gran parte della giornata.

Nel frattempo, le più grandi testate finanziarie del paese, Caixin e Sina News, hanno detto che i mercati sono stati «influenzati dall’informazione», senza dare ulteriori informazioni. Il Global Times ha infine fatto menzione dei tweet di Trump, ma l’ha sepolto alla fine di una storia di borsa pubblicata poco dopo le 13:00, e altri media statali hanno iniziato a riportare la reazione del ministero degli Esteri da metà pomeriggio. 

Prima che Trump facesse il suo annuncio su Twitter, Pechino e Washington avevano detto che stavano cercando di raggiungere un accordo nei negoziati commerciali che hanno descritto come «costruttivo», riporta Scmp.  

Anche WeChat, il sociale media cinese più usato, non faceva girare i post o le immagini dei post di Trump; sorte simile, la cancellazione han subito tutte le menzioni fate sulla piattaforma social di altre testate che riportavano la notizia. Per quasi mezza giornata dopo che le minacce Usa di nuove tariffe sulle merci cinesi sono state rese pubbliche, i tweet di Trump sono rimasti una delle notizie più censurate della Cina continentale.

Nei suoi ultimi tweet, Trump ha detto che avrebbe anche puntato su altri 325 miliardi di dollari di merci cinesi con tariffe del 25% “presto”, il che significa che praticamente tutte le esportazioni cinesi verso gli Stati Uniti sarebbero state prese di mira.

Antonio Albanese