CINA. Gogna mediatica per gli inadempienti

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Entro la fine del 2017 verrà introdotto in Cina un sistema per “svergognare” chi non riesce a rimborsare i propri prestiti bancari. La Corte Suprema del Popolo, la Cina Banking Regulatory Commission e il dipartimento pubblicità del Partito comunista cinese hanno deciso di attuare una politica nazionale in tal senso, riporta Xinhua.

Chi non riesce a rimborsare un prestito bancario sarà inserito in una lista nera e vedrà il suo nome, numero di carta d’identità, fotografia, indirizzo di casa e importo delle somme che devono dare resi pubblici in diversi modi, tra cui pubblicazione su giornali, online, radio e televisione, sugli schermi degli autobus e degli ascensori pubblici.

Ai governi locali è stato chiesto di creare banche dati di nomi, che saranno consultabili da chiunque, entro la fine dell’anno, riporta anche Scmp.

Queste banche dati saranno gestite dai media locali, con i tribunali che forniranno i dettagli degli inadempienti e l’autorità di regolamentazione bancaria che aggiornerà i finanziatori sulla lista nera.

La decisione rientra nello sforzo politico amministrativo per rafforzare l'”affidabilità” nella società cinese. Secondo Xinhua, la gogna mediatica servirà come strumento per punire coloro chi è inaffidabile.

Un simile strumento è già usato a Guangzhou, nelle province di Jiangsu, Henan e Sichuan. L’evasione del debito è diventata un problema cronico nella società cinese, che colpisce l’autorità giudiziaria e la credibilità del sistema. Da anni le autorità stanno proponendo misure per affrontare questo problema, ma con scarsi risultati sostanziali. Inefficace è stata l’istituzione, già nel 2005, di una banca dati contenente informazioni sui debitori, quali le coordinate bancarie e gli interessi delle imprese e dei beni immobili, per dissuadere le persone dall’inadempienza dei prestiti.

Nel 2013 il tribunale di primo grado ha inoltre iniziato a divulgare i dati personali dei debitori “disonesti” che non hanno rimborsato i finanziamenti; a giugno 2017 aveva reso pubblici i dati di circa 7 milioni e mezzo di persone.

Graziella Giangiulio