BLOCKCHAIN. La giustizia 2.0 dell’era digitale

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Come diventerà l’amministrazione della giustizia al tempo dell’era digitale?  

Oggi, il 65% della tecnologia legale disponibile (LegalTech) è usata da avvocati e grandi aziende e viene utilizzata per contratti intelligenti (contratti basati sulla blockchain), scambio sicuro di documenti, applicazioni mobili per accedere alle decisioni giudiziarie o alle relazioni e analisi dei clienti (dati, contratti, ecc.), aiuti decisionali, chatbot e assistenti legali robotizzati.

Ma se si passasse ai tribunali “automatici” che utilizzano la giustizia predittiva? Il rischio non è mettere fondamentalmente in discussione il futuro della giustizia? Oppure la comprensione della disciplina, lo stato di diritto, può permettere di trovare il giusto equilibrio, tra le tecnologie e le esigenze della società, affinché questo diventi realtà? A questi interrogativi cerca di dare risposta un interessante approfondimento uscito su Asia Times. Viene preso come esempio quanto fatto dal sistema francese, nel settore della giustizia civile. La Commissione giuridica del Senato francese ha organizzato delle discussioni pubbliche dopo che il Consiglio costituzionale, la massima autorità costituzionale francese, nella sua decisione più recente, chiuse la porta alla giustizia automatizzata a causa delle preoccupazioni sulla protezione dei dati personali.

Il tallone d’Achille della tecnologia giuridica, in Francia, è la formazione. La preparazione in diritto digitale è disponibile solo nelle fasi successive di una laurea in giurisprudenza o ingegneria; è una forma di specializzazione che affronta in modo specifico le sfide digitali e riguarda la protezione e la condivisione dei dati personali, l’e-commerce, la sicurezza informatica, il diritto “robot”, la blockchain e i big data. 

Restano però delle difficoltà nella diffusione giuridica dei concetti che vengono comunque affrontati solo da un piccolo gruppo rispetto alla richiesta totale perché l’It si estende a tutti gli aspetti del diritto; inoltre, in Francia come in altri paesi, la conoscenza della materia non è diffusa neanche tra i docenti universitari e poi si ha a che fare con strumenti giuridici nazionali, ma anche con quelli dell’Unione europea, o addirittura da istanze globali altre. Molto spesso, come accade, informatica e diritto non trovano spazio nella gestione della vita professionale quotidiano degli avvocati. Parlare di diritto digitale dovrebbe passare attraverso una preventiva acquisizione dei pilastri dell’informatica: dati, algoritmi, linguaggi, macchine e bug.

E la privacy? Che dire degli standard di sicurezza per i veicoli stradali del futuro collegati a Ia? E i requisiti per il trasporto aereo o ferroviario? Cosa significano legalmente?

Il tema è affascinante e siamo solo all’inizio. 

 Antonio Albanese