50 condanne a morte in Arabia Saudita

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ARABIA SAUDITA – Riad 28/11/2015. Circa mille manifestanti sciiti si sono riuniti in una moschea saudita il 27 novembre per protestare contro la decisione del governo di giustiziare più di 50 prigionieri in un solo giorno.

I manifestanti si sono riuniti presso la Imam Hussein Mosque ad Awamiya, una città in gran parte sciita nella parte orientale, per chiedere la liberazione degli attivisti che sono nel braccio della morte. I manifestanti hanno inoltre chiuse le strade nella zona con barricate date alle fiamme, riportano media locali. Amnesty International denuncia che tra i condannati a morte c’è Ali al Nimr, che aveva solo 17 anni quando fu arrestato nel 2012. Al Nimr è stato condannato a morte per aver partecipato a proteste anti-governative, tra cui spezzato il vincolo di fedeltà al re e aver provocato disordini. Il suo caso ha attirato la condanna internazionale a causa della sua età, e delle accuse di essere stato torturato e di non aver avuto un processo equo. La famiglia del giovane afferma che il governo è intenzionato a eseguire la condanna. Le madri dei prigionieri hanno chiesto clemenza a re Salman clemenza dopo aver appreso dell’imminenza delle esecuzioni, riporta Amnesty. Al Nimr è uno dei tre manifestanti sciiti che erano minorenni al momento del loro arresto e che sono stati condannati a morte. Il loro destino ora è nelle mani del re Salman che deve dare l’approvazione finale prima che le condanne a morte vengano eseguite. Secondo quanto riporta il quotidiano saudita Okaz, 55 persone erano in attesa di essere giustiziate per “terrorismo”, si tratta di persone che hanno ucciso più di 100 civili e 71 uomini della sicurezza. Il 23 novembre, Okay, il quotidiano al Riyadh, aveva pubblicato la notizia dell’imminente uccisione di 52 persone, ma poi ha tolto la notizia dal suo sito senza alcuna spiegazione. Riporta Okay che alcuni condannati sono affiliati ad al Qaeda; alcuni provengono da Awamiya, città in cui il governo ha soppresso le manifestazioni sciite per la parità di diritti. L’Arabia Saudita ha già giustiziato oltre 150 persone quest’anno, per lo più tramite decapitazione pubblica, il numero più alto degli ultimi 20 anni, secondo Amnesty.