Anche Riad censura Twitter

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ARABIA SAUDITA 22/03/2014. Dopo tre anni di relativa libertà on-line durante i quali i sauditi, ispirati dalle rivolte arabe, hanno usato i social media per chiedere riforme politiche ed economiche o per organizzare il boicottaggio dei consumi o le proteste per la guida delle donne, il governo sta intensificandoi controlli sugli utenti di Twitter e sui blogger.

Tre avvocati che hanno criticato il ministro della Giustizia Mohamed al-Issa su Twitter a causa della lentezza della riforma del sistema giuridico del paese, sono stati citati in giudizio da parte del ministero con l’accusa di aver diffamato il ministero e di aver ritwittato le critiche al ministro, riporta al Monitor. Il piano di revisione giudiziaria da 2,2 miliardi dollari, che Issa doveva accelerare quando è stato nominato nel 2009, inclusa la formazione dei giudici, che codifica la sharia e introduce tribunali speciali, è ancora al palo. Gli avvocati si sono spesso lamentati sui giornali e su Twitter del sistema giudiziario. Per anni, il governo di re Abdullah bin Abdulaziz ha tollerato, addirittura incoraggiato, le critiche alla magistratura, perché la magistratura era il bastione degli ultraconservatori che si opponevano alle riforme economiche e amministrative del re. Ma, da quando in Arabia Saudita è cresciuta la consapevolezza della potenza politica di Twitter, i governanti del regno hanno sempre più preso di mira gli attivisti politici che mettevano in dubbio il governo del paese e anche le persone comuni che esprimevano dissenso o critiche. Perseguire gli avvocati riflette una tendenza crescente all’interno del governo: diversi ministeri hanno avvertito il loro personale che tutto quello che avrebbero scritto sui social media o sui blog sarebbe stato monitorato e i” trasgressori ” sarebbero stati interrogati e sanzionati. Alcuni insegnanti che hanno scritto sui blog sono stati licenziati o sanzionati. Per gli attivisti, il governo vuole avere il controllo totale, tornando al periodo pre- primavera araba; vengono controllati tutti gli utenti di Twitter. L’Arabia Saudita non ha vissuto le proteste nel 2011, ma ha dovuto affrontare proteste di piazza nelle sue provincie orientali sciite; a Riad e nella provincia di al-Qassim , le famiglie dei prigionieri politici detenuti senza processo hanno messo in scena diverse manifestazioni, rapidamente bloccate dalla polizia. In questa monarchia assoluta, che non ha partiti politici, sindacati, assemblee elettive o media indipendenti, i social media hanno giocato un ruolo chiave nella creazione di consapevolezza politica attraverso le discussioni online. I sudditi sauditi hanno seguito da vicino il lavoro degli attivisti per i diritti che hanno usato i social media per diffondere la cultura dei diritti politici e civili. Figure prominenti come i professori di economia Mohammad al-Qahtani e Abdullah al-Hamid, co- fondatori dell’Associazione saudita per i diritti civili e politici (Acpra) sono stati condannati a 10 e 11 anni di carcere per la loro azione sui social. Altri monarchi del Golfo, preoccupati dagli eventi del 2011 e dalle proteste in Bahrein, Kuwait e Oman hanno incarcerato gli attivisti censurando i social network. In Qatar, ad esempio, è stata introdotta una legge per impedire i commenti on line ed è stato condannato un poeta a 15 anni di carcereper aver criticato indirettamente la famiglia regnante in una sua poesia.