ARABIA SAUDITA. Abolita la fustigazione

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L’Arabia Saudita ha abolito la fustigazione come punizione. Lo ha annunciato la commissione statale per i diritti umani, definendolo un “importante passo avanti” nel programma di riforma lanciato dal re. Le fustigazioni ordinate dal tribunale in Arabia Saudita, che a volte prevedono centinaia di frustate, sono state a lungo condannate dai gruppi per i diritti umani.

Secondi Afp, le riforme legali, supervisionate dal principe ereditario Mohammed bin Salman, non hanno fatto desistere il regno dallo schiacciamento del dissenso, anche attraverso l’uso della pena di morte. La commissione statale per i diritti umani ha detto che l’ultima riforma, riportata dai media sauditi, compreso il giornale filo-governativo Okaz, avrebbe garantito che nessun altro detenuto sarebbe stato condannato alla fustigazione.

«Questa decisione garantisce che i detenuti che in precedenza sarebbero stati condannati alla frusta riceveranno d’ora in poi multe o pene detentive», ha detto il presidente, Awad al-Awad. In precedenza, i tribunali avevano il potere di ordinare la fustigazione dei condannati giudicati colpevoli di reati che andavano dal sesso extraconiugale e dalla violazione della pace all’omicidio.

In futuro, i giudici dovranno scegliere tra multe e/o pene detentive, o alternative non detentive come i servizi sociali.

Il caso di fustigazione di maggior rilievo degli ultimi anni è stato il caso del blogger saudita Raif Badawi, condannato a 10 anni di carcere e 1.000 frustate nel 2014 con l’accusa di “insultare” l’Islam.

L’anno successivo ha ricevuto il premio Sacharov del Parlamento europeo per i diritti umani. L’abolizione delle punizioni corporali in Arabia Saudita arriva pochi giorni dopo la notizia della morte per ictus in prigione del principale attivista Abullah al-Hamid, 69 anni. Hamid era un membro fondatore dell’Associazione saudita per i diritti civili e politici, Acpra, ed era stato condannato a 11 anni di carcere nel marzo 2013 con diverse accuse, tra cui “violazione della fedeltà” al sovrano saudita, “incitamento al disordine” e tentativo di turbare la sicurezza dello Stato, ha detto Amnesty International.

Le critiche alla situazione dei diritti umani in Arabia Saudita sono cresciute da quando il re Salman ha nominato Mohammed bon Salman erede al trono nel giugno 2017. Il re ha lanciato ambiziose riforme economiche e sociali, permettendo alle donne di guidare e di organizzare eventi sportivi e di intrattenimento nel regno.

Tuttavia, l’assassinio del giornalista Jamal Khashoggi all’interno del consolato saudita di Istanbul nell’ottobre 2018 e la crescente repressione dei dissidenti in patria hanno messo in ombra l’impegno del principe a modernizzare l’economia e la società. Le autorità saudite hanno messo a morte 184 persone lo scorso anno, secondo i dati diffusi recentemente da Amnesty International.

Maddalena Ingroia