Albania. il tramonto di Berisha

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ALBANIA – Tirana 29/6/13. Mentre la Croazia si accinge a diventare il 28° paese  membro dell’Unione Europea, facendo il suo ingresso ufficiale il prossimo 1° luglio, anche l’Albania vive un punto di svolta nella sua storia politica. 

Dopo 23 anni di protagonismo sulla scena pubblica e 8 di governo consecutivo, esce di scena Sali Berisha, leader del Partito Democratico (Pd) e Primo Ministro uscente. Le elezioni del 23 di giugno hanno infatti sancito la vittoria di Edi Rama, a capo del Partito Socialista (Ps). La maggioranza in Parlamento è netta: 84 deputati della coalizione di centro-sinistra guidata dal Ps a fronte di 56 deputati del centro-destra con a capo il Pd.

Il risultato sorprende per una serie di ragioni. Analisti e sondaggi avevano previsto una tornata elettorale incerta e conflittuale. Alla necessità di un cambiamento, avvertita da più parti, si affiancava una sfiducia generale nei confronti di tutto il panorama politico, caratterizzato da crisi di governo e movimenti tra le alleanze. I 7-8 punti di scarto del Ps sul Pd evidenziati dagli ultimi sondaggi lasciavano i giochi totalmente aperti. 

Inoltre, accuse di compravendita di voti e irregolarità sembravano riportare alla mente scenari già noti agli elettori albanesi e il pericolo di violenze non pareva così remoto, anche alla luce di episodi recenti come la paralisi politica che seguì le elezioni del 2009 e le manifestazioni del 2011 in cui persero la vita tre manifestanti. Il dispiego di misure speciali di sicurezza e di oltre 500 osservatori internazionali pareva confermare questi timori. A ciò si andava ad aggiungere la minaccia dell’astensionismo, variabile assai significativa in un paese con una forte percentuale di residenti all’estero.

Molte delle previsioni, tuttavia, sono state smentite su diversi fronti. L’affluenza è stata maggiore rispetto al 2009 e le operazioni elettorali si sono svolte in maniera regolare, con uno scrutinio conclusosi il 26 di giugno. Alle pesanti contestazioni dei risultati che segnarono le precedenti elezioni (dopo le parlamentari del 2009 l’opposizione ha boicottato il parlamento per due anni) si è contrapposto, quest’anno, un rapido riconoscimento degli esiti da parte di tutte le forze politiche (ad eccezione del partito nazionalista Aleanca Kuq e Zi che non ha raggiunto la soglia di sbarramento). 

La comunità internazionale, in particolare l’Unione Europea, ha espresso un giudizio positivo, rinnovando le raccomandazioni affinché il processo elettorale possa concludersi nel rispetto degli standard democratici europei e internazionali. Certamente non si possono dimenticare alcuni incidenti, seppur isolati, avvenuti nel paese. Il più grave è stato l’omicidio di un attivista nella città di Laç che, come osserva l’Osce-Odihr nel suo rapporto preliminare sulla missione di osservazione, ha macchiato lo svolgimento di un processo elettorale svoltosi in modo generalmente ordinato e pacifico.

Ma la principale sorpresa è stata la chiarissima vittoria della coalizione di centro-sinistra sia a livello nazionale, sia in centri come Scutari, tradizionale roccaforte del Pd. Berisha ha accettato la sconfitta, assumendosi personalmente la responsabilità e dimettendosi dalle cariche all’interno del partito. Con toni distanti da quelli utilizzati in campagna elettorale, il protagonista assoluto della politica albanese dagli anni ’90, ha fatto i suoi auguri a Edi Rama per il compito che lo attende nel prossimo futuro. «Sono sempre stato determinato a rispettare pienamente il verdetto del popolo, che ha parlato chiaramente in queste elezioni. I cittadini hanno votato il programma elettorale del nostro avversario, basato su promesse che noi non possiamo fare, come l’assistenza sanitaria gratuita per tutti, la rimozione della tassa sulle piccole imprese e dell’Iva sugli alimentari, e il taglio delle tasse  per il 95% cento dei cittadini. Queste promesse noi non le possiamo fare, perché sono in contrasto con la filosofia e i principi in cui crediamo, in contrasto con la concorrenza leale, la libertà economica e l’uguaglianza sociale. In questa occasione, accettando il risultato delle elezioni, auguro al mio avversario, uscitone vincitore, buona fortuna per le sue mansioni di grande responsabilità».

Sul fronte opposto, il vincitore Edi Rama, ringraziando gli elettori, si dichiara disposto ad essere “Primo Ministro e Primo Servitore” dell’Albania. Ha invitato i cittadini all’unità «per condividere le aspirazioni, le sfide e gli sforzi richiesti da un’economia da rilanciare. Oggi, il popolo sovrano di tutta l’Albania, da Scutari a Valona, ​​ci ha dato l’opportunità storica di provare, con comportamento e opere, che possiamo condividere questo paese lacerato dalle divisioni del passato [..] Voglio che sia molto chiaro che la mia volontà è quella di servire tutti gli albanesi, non solo quelli che hanno votato per il vincitore. Il voto plebiscitario che abbiamo ottenuto in queste elezioni, non è da considerare come il trionfo del nostro partito e ancor meno come un trionfo personale, ma, al contrario, una grande sfida da vincere con il nostro governo».

Sono molte, infatti, le questioni e le sfide che la nuova maggioranza è chiamata ad affrontare.

Tra queste, vi è senza dubbio la strada verso l’ingresso nell’Unione Europea. Dopo lo stop del 2010 alla domanda di ammissione all’Ue e l’apertura “con riserva” da parte della Commissione Europea nel 2012, l’Albania non può permettersi di perdere il treno su cui già viaggiano molti dei paesi vicini. Croazia, Serbia e Montenegro proseguono nel loro cammino di riforme, mentre l’Albania ha ancora un’agenda ricca di impegni da mantenere. L’accesso allo status di paese candidato è infatti soggetto alla realizzazione di diverse misure “chiave” in ambito giudiziario, parlamentare e del funzionamento della pubblica amministrazione. Dal punto di vista della stabilità istituzionale, pre-condizione necessaria all’ingresso nell’UE, l’andamento della tornata elettorale del 23 giugno sembra dare un segnale positivo. Toccherà ora al nuovo governo mostrare una direzione chiara da seguire nei prossimi anni. Il rapporto con le istituzioni europee inevitabilmente si ripercuote sulle relazioni commerciali dell’Albania e sugli investimenti internazionali del paese.

Negli ultimi mesi, le continue crisi al governo e l’incertezza sul voto hanno fermato molti investitori. Un cambio di amministrazione può infatti comportare un significativo cambio di indirizzo degli investimenti. Fatto ancor più vero nel caso in cui ci si trovi in presenza di un sistema clientelare diffuso come nel contesto albanese. 

Particolarmente delicata è la situazione dell’economia: la crescita del Pil prevista per il 2013 è di 1,8% a fronte del 6,1% del 2008. Al forte rallentamento interno si è accompagnata la riduzione delle rimesse da parte dei migranti, in particolare quelli residenti in Grecia e in Italia, principali paesi d’emigrazione albanese, colpiti dalla crisi dell’euro. Molti rientrano in patria, riportando in primo piano la questione dell’impiego.

Il risultato elettorale ha evidenziato lo scontento della popolazione e la volontà di spezzare uno status quo mantenuto per troppi anni. È necessaria un vera “rinascita”, invocava Edi Rama -artista ed ex-sindaco di Tirana-, nella sua campagna. Ora lui e la sua coalizione sono chiamati a raccogliere la sfida lanciata dall’elettorato albanese.