Niger e Camerun nel mirino di Boko Haram

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Senegal- Dakar. 18/12/14. Si è concluso martedì 16 dicembre scorso a Dakar la due giorni del Forum per la pace e la sicurezza in Africa organizzato dagli Stati dell’Africa occidentale con l’ausilio della diplomazia francese.

Per tale motivo non poteva non essere presente il Ministro degli Difesa francese, Jean Yves Le Drian. Oltre al ministro francese erano presenti anche altre importanti figure governative africane e i rappresentanti degli Stani Uniti, della Cina e dell’ONU. Lo scopo del Forum è stato di porre sotto la lente d’ingrandimento i vari problemi di sicurezza che affliggono la regione occidentale dell’Africa e in particolare quelli legati al terrorismo.

L’obiettivo indicato all’apertura del Forum dal ministro francese era chiaramente di comprendere il duplice ingaggio della Francia e dell’UE sugli scenari di criticità e di conflitto che si sviluppano in Africa in questo momento: rafforzare le capacità africane e rendere le problematiche della sicurezza in Africa maggiormente di competenza africana.

Dopo aver ricordato che nei conflitti attuali, molte delle forze e delle responsabilità sono ormai sotto controllo delle forze dell’Unione Africana o di Paesi africani, come in Somalia o in Mali, il Forum si è concentrato maggiormente sullo studio delle problematiche legate al terrorismo sul continente. Su questo preciso punto è stata posta l’attenzione sul fatto che la cooperazione tra le forze di diverse nazioni africane dovrebbe diventare la regola e non rimanere l’eccezione, come lo è attualmente.

Per fare ciò, molti dirigenti africani hanno sottolineato come la mancanza di risorse finanziarie da destinare alle forze armate sia una delle criticità maggiori. Allo stesso modo, la crescita socio economica dei rispettivi paesi deve essere sviluppata al fine di prevenire i conflitti e le situazioni in cui i movimenti terroristici potrebbero trovare zone dove instaurare i propri feudi. A tal riguardo, l’ex presidente nigeriano Obasanjo ha sottolineato che i governanti africani devono iniziare a anticipare i conflitti.

Il tema principale del Forum ha riguardato il terrorismo, in particolare la situazione nel nord del Mali, ma soprattutto le problematiche legate al gruppo terroristico Boko Haram presente in Nigeria, vicino all’organizzazione dello Stato Islamico, con forti tendenze espansionistiche in particolare nei vicini Niger e Cameroun. Da questo punto di vista appare fondamentale la cooperazione che si sta organizzando all’interno della Comunità del Bacino del Lago Ciad. 

A riguardo, l’inviata speciale delle Nazioni Unite per il Sahel, l’etiope Hiroute Gebre Selassie, ha indicato in seduta plenaria che “i giovani del Sahel sono vittime dell’apatia della politica, e finché la disoccupazione resterà un problema endemico, i gruppi armati troveranno mano d’opera a buon mercato”. In generale, riguardo al terrorismo, le discussioni hanno anche preso in considerazione le ragioni profonde della crescita del terrorismo jihadista: il suo insorgere è dovuto alle potenze occidentali, a quelle del Golfo persico o ancora ai leader africani che praticano il racket e la corruzione?

Nell’ambito delle discussioni informali a margine del Forum, secondo alcune fonti presenti all’incontro, è stata posta particolare attenzione sulla situazione in Nigeria. Secondo alcuni membri presenti al forum, la Nigeria riassume il paradosso della nuova Africa in cammino verso il futuro: una modernità paradossalmente ancorata a vecchi ingranaggi locali quali la corruzione, regimi elitaristici e l’emergenza di gruppi armati, di milizie locali e organizzazioni criminali. In questa Africa si inseriscono i gruppi jihadisti, tutti con metodi simili, che ascoltano e aiutano le popolazioni più marginalizzate portando un’offerta politica diversa, che gli Stati non possono o non riescono a proporre.

Da un punto di vista militare, le forze armate locali hanno visto la minaccia trasformarsi. Se prima i terroristi rappresentavano una minaccia minoritaria, adesso sono le forze armate ad essere sotto scacco, I gruppi terroristici hanno sempre più tendenza a diventare delle potenze che cercano di controllare delle regioni intere con delle strategie di conquista ben precise. A tal riguardo, nel corso di un intervento è stato dichiarato apertamente che quando si interviene militarmente per rispondere ad una minaccia terroristica, è già troppo tardi.

Si è cercato quindi di identificare le risposte alle minacce terroristiche. Se il Ministro Le Drian ha indicato chiaramente la volontà della Francia di aiutare i Paesi della fascia saheliana e i Paesi che maggiormente hanno bisogno di aiuto nel contrasto al terrorismo (in particolare Nigeria, Niger, Ciad e Camerun), d’altra parte è stata identificata chiaramente la causa della destabilizzazione della regione del Sahel. È stato il presidente ciadiano, Idriss Deby, a sottolineare come la forza di Boko Haram e dei movimenti terroristici nel Sahel sia da imputare ad un grave errore commesso dalla NATO e in particolare dalla Francia : la disgregazione della Libia.

Secondo i presenti nel parterre di Dakar, il discorso di Deby, secco, senza retorica e diretto al punto, non ha fatto piacere a Le Drian, considerato peraltro che N’Djamena è il principale partner di Parigi per la sicurezza nella zona. L’intervento conclusivo di Déby è iniziato con: “A differenza di quello che mio fratello Macky Sall ha detto, ovvero che il lavoro in Libia non è terminato, il lavoro in Libia è terminato poiché l’obbiettivo della NATO era di uccidere Gheddafi. Quindi l’obbiettivo è stato raggiunto, è il servizio post vendita che non ha funzionato a dovere”. Déby ha poi svolto un’analisi chiara della situazione indicando che la Libia è successivamente diventata il feudo di terroristi, briganti e malfattori e che le crisi in Mali e in Nigeria sono le conseguenze della distruzione della Libia. In effetti, il paese nordafricano è conosciuto per essere il paese con più armi in Africa e nel mondo, armi poi rivendute o ridistribuite in tuta l’Africa.

Contrariamente a quanto affermato dal presidente maliano, Ibrahim Boubacar Keita, secondo Déby non devono essere i paesi africani a dover risolvere il problema delle crisi in Africa, bensì prima dovrebbero essere le potenze occidentali e la NATO a dover risolvere il problema libico per poti poter affrontare gli altri scenari. Solo la NATO avrebbe i mezzi necessari per risolvere la problematica libica, anche perché, secondo Déby, “ormai è diventato impossibile dialogare con i fondamentalisti e gli integralisti”.

Malgrado gli scambi di sguardi furiosi con Le Drian, la vecchia volpe di N’Djamena ha forse compreso prima di tutti i dirigenti africani quali siano al tempo stesso le criticità e le necessità dei paesi africani per far fronte alla crescente spinta fondamentalista nella regione saheliana e in generale in Africa. Per tale motivo, Déby ha capito prima di tutti che dopo sessant’anni d’indipendenza dai regimi coloniali non è più possibile chiedere aiuto ai partner e amici occidentali ogni volta che il Paese si sentiva minacciato. Senza la Francia il Mali sarebbe caduto del tutto nelle mani dei jihadisti e il futuro dell’Africa occidentale sarebbe in discussione. 

Il presidente ciadiano ha quindi affermato la necessità per ogni paese di dotarsi di due o tre unità operative con tutti i mezzi necessari allo scopo (come il Ciad ha dimostrato in Mali e in Repubblica Centrafricana). Quindi più che soldi, secondo Déby servirebbe addestramento per le truppe africane, che sono ad oggi dei rimasugli degli eserciti usciti dalla decolonizzazione, male armati e mal addestrati. In questo senso Déby ha chiamato ad una forte presa di responsabilità da parte dei dirigenti, dei politici, della società civile e dei giovani per il futuro dell’Africa.

Prima però bisogna risolvere il problema della Libia, anzi: per una volta aspettare che gli occidentali risolvano il problema.